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Valerio Lundini spiazza tutti: "Sanremo? Preferisco il meteo"

Alessandra Menzani
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Valerio Lundini è musicista, disegnatore, scrittore, showman, autore tv e radiofonico. Una mente disordinata e geniale che spazia da un genere all’altro. Oggi torna alle origini. Il conduttore di Una pezza di Lundini lancia un nuovo album dal titolo Innamorati della vita insieme alla storica band i Vazzanikki. Ed è già partito per un tour live iniziato il 27 giugno a Napoli che si conclude a Codroipo (Udine) il 14 settembre.

La diverte più la tv o il palco?
«Sono due divertimenti diversi: questo è più collettivo. Faccio musica da quasi quindici anni, i miei compagni di band sono persone con cui sono cresciuto, ora portiamo semplicemente la nostra follia in posti più grandi. I live danno risultati più immediati. La tv la fai un giorno e poi magari va in onda una settimana dopo».

 

 

Si legge sul vostro comunicato stampa: «La speranza della band è che, grazie al fatto che Valerio Lundini è diventato famoso, il disco possa essere ascoltato e apprezzato ai piani alti».
«Scherziamo, non abbiamo velleità. Abbiamo sempre suonato per gli amici o al massimo per gli amici degli amici, non sogniamo i palazzetti. I concerti sono divertenti, puntiamo più su quelli che sul disco registrato».

Ma se aveste un pezzo forte, lo proporreste a Carlo Conti per Sanremo?
«Se Conti ci chiamasse, scriveremmo un pezzo pazzesco, se no io non mi metto a scriverlo con il rischio che dica no. Ho bisogno dell’ansia della scadenza!».

Ma non sarà che per la band era meglio quando lei era sconosciuto?
«Un po’ sì. Abbiamo suonato ovunque, anche in posti deprecabili. Potevamo fare qualsiasi cosa, anche perché non c’erano i social, le cose brutte potevano essere più facilmente dimenticate. Ora c’è il rischio di figuraccia. Sento più la responsabilità».

Il nome i Vazzanikki è un omaggio a Iva Zanicchi?
«Più che altro è un gioco di parole di bassa lega che nessuno riesce a pronunciare. Ci diede l’idea Greg di Lillo e Greg. Non abbiamo mai cambiato nome, forse è giunto il momento di ripensarci».

Il singolo di lancio, Parabola Ascendente, è presentato come «un capolavoro nella quale due folli individui dialogano su cosa sia preferibile tra teologia e astrologia». Cosa avete bevuto?
«Ha fatto bene a specificare che “capolavoro” ce lo diciamo da soli. L’idea del brano nasce dall’osservazione che tante persone, che si professano non credenti, atei, agnostici, credano nello zodiaco. Allora facciamo un dibattito su chi è meglio: Gesù o l’oroscopo?».

Vi paragonano, come stile comico -surreale -demenziale, a Cochi e Renato, Jannacci, gli Skiantos, gli Squallor, fino a Elio e le Storie Tese.
«Ognuno di questi artisti è molto nelle proprie corde. Non si possono “imitare”. È più facile fare un pezzo alla Battisti che un pezzo alla Squallor. Abbiamo sempre fatto quello che ci divertiva di più, musica senza prendersi sul serio. E continueremo con questo stile».

Lei ha studiato da fumettista. Perche non ha proseguito?
«Mentre facciamo questa intervista sto disegnando. Non ho proseguito gli studi perché prendono troppo tempo e fatica e io sono troppo mondano. Sono perfezionista quindi vivo lo struggimento di non essere mai soddisfatto».

Il suo motto è sempre Beati monoculi in terra caecorum?
«Massì, mi piace dirlo. Fa molto finto modesto. (Può essere interpretato così: “Con poco si può riuscire a emergere se gli altri sono “limitati”,ndr).

La rivedremo in tv?
«Sì. Sto scrivendo la nuova edizione di Faccende complicate, un format con stile documentaristico, è un po’ faticoso il lavoro con la telecamera. Una Pezza di Lundini è stato interrotto per non farlo diventare routine. Ma non escludo che prima o poi...».

Cosa pensa del fuggi fuggi dalla Rai ad altre reti?
«Non frequento i corridoi Rai, sono un outsider. Se vanno via tutti e rimango solo io sono contento, così ho più spazio, diventerei presidente. Vorrei condurre il meteo».

Sanremo no?
«No, preferisco il meteo». 

 

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