Non tutto il cinema vien per nuocere, persino a destra. «Ho assistito al film di Marco Bellocchio sul caso Tortora, pochi giorni fa. Dovrebbe essere proiettato anche alla Scuola superiore della magistratura», dice Carlo Nordio. Per la precisione è una serie tv in sei episodi, con Fabrizio Gifuni nel ruolo del presentatore di “Portobello” che finì nel tritacarne giudiziario. Sarà trasmessa presto, alla Mostra del cinema di Venezia c’è stata la presentazione dei primi due episodi, il guardasigilli era in sala. Al termine della proiezione ha avuto parole dure, ha detto che «il magistrato che sbaglia perché non conosce le leggi o le carte, o perché, per ottusità preconcetta, manda in prigione un innocente, non deve pagare con il portafoglio, ma deve pagare con la carriera, deve cambiare mestiere». Ieri, al forum di Cernobbio, ha detto il resto. Tortora fu arrestato nel giugno del 1983, sulla base di accuse false formulate da pentiti e null’altro. Fece 271 giorni di carcerazione preventiva, poi fu messo ai domiciliari. Dopo una prima condanna, l’assoluzione definitiva, con sentenza della Cassazione, arrivò nel giugno del 1987. Una lezione che i magistrati devono ricavare dalla sua vicenda, spiega Nordio, è che «la carcerazione preventiva è sempre un fardello di dolore per chi la subisce», soprattutto quando c’è «un’alternativa alla carcerazione medesima».
Lui, la propria parte la sta facendo. «Per farvi un esempio», spiega alla platea degli imprenditori, «le sette persone che a Milano sono state arrestate durante l’ultima indagine per ordine del gip, su richiesta del pm, e poi liberate dal tribunale della Libertà, non una bella immagine per la giustizia, non sarebbero state arrestate se fosse entrata già in vigore la mia riforma». Per la quale bisognerà aspettare il prossimo anno. Il ministro era già apparso al forum sul lago di Como nel 1997, e in quell’occasione presentò il suo libro sulla separazione delle carriere. Un progetto che ora sta per portare a termine: a settembre la riforma costituzionale dovrebbe passare in seconda lettura alla Camera e il mese successivo in Senato. La chiama «la madre di tutte le battaglie». Sarà sottoposta a referendum confermativo, il grande appuntamento politico della primavera del 2026. Se passerà l’esame delle urne, promette Nordio, «condurrà a una profondissima rivoluzione nella magistratura, perché verranno smantellate le incrostazioni sedimentatesi in questi decenni con le correnti».
Gaia Tortora, bordata contro i magistrati: "Pulcinella con la toga"
"Ho visto le prime due puntate e le ho trovate molto coraggiose. Bellocchio ha fatto un’opera di studio e ric...Il sorteggio per l’elezione dei membri dei due Csm e dell’Alta Corte disciplinare, ribadisce, è stato voluto proprio per togliere potere alle fazioni organizzate delle toghe. «Oggi la giustizia disciplinare nei confronti del magistrato, cioè i voti ai magistrati, se li danno gli stessi magistrati eletti tra di loro attraverso il sistema delle correnti. Quindi è una giustizia, diciamo così, domestica. Con l’alta corte disciplinare questo sistema viene rivoluzionato». La maggioranza delle toghe, anche attraverso l’Anm, si oppone e accusa il governo di voler sottomettere il potere giudiziario. La saldatura con il Pd e il resto della sinistra pare inevitabile, ma Nordio si appella ai magistrati affinché il loro «dissenso comprensibile si mantenga nell’ambito tecnico e giuridico, e non tracimi nell’aspetto politico». Sarebbe «pernicioso, un disastro», avverte, se i magistrati «accettassero l’invito, che già è stato fatto in parlamento da parte del Partito democratico, di allearsi a loro in una sorta di campagna contro il governo». Se la magistratura facesse questo, «si dimostrerebbe ancora più politicizzata di quanto oggi i cittadini non la vedano, e purtroppo la vedono già abbastanza politicizzata».
Parole in cui è facile vedere anche un riferimento alla Corte di Cassazione, autrice di numerose sentenze recenti contro il governo, inclusa quella che ha bloccato l’estradizione del mafioso turco Boris Boyun, dopo che Nordio aveva dato il suo via libera. Il boss per il quale sarebbero giunti a Viterbo i due turchi arrestati il 3 settembre. Soprattutto, aggiunge il ministro, lui non vuole che il referendum si traduca, come avvenne per la riforma disegnata da Matteo Renzi, in «un Meloni sì, Meloni no. Deve essere un referendum squisitamente tecnico-giuridico, non un referendum pro o contro il governo». Difficile che il messaggio passi, ma è giusto che il ministro faccia il tentativo. Ai leader dell’opposizione, ieri tutti a Cernobbio, Nordio lancia poi l’accusa d’incoerenza: «Ci hanno rimproverato di avere approvato leggi più severe, da quelle sui rave party a quelle che aumentano le pene per i reati sessuali, quindi non vedo che altro potremmo fare». Sventola i risultati dell’accorciamento dei tempi della giustizia, una delle promesse elettorali della maggioranza e uno degli impegni del Piano di ripresa e resilienza. «Siamo stati i primi nel governo ad aver attuato le direttive e impiegato le risorse Pnrr», rivendica. Nella giustizia civile, in particolare, «abbiamo ridotto del 27,7% i tempi delle cause». Merito in parte della magistratura, riconosce, «ma anche nostro, che siamo riusciti a impiegare le risorse disponibili».