Allacciate le cinture. Alla Scala sta per arrivare la Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmitrij Šostakovich. Eroina forse più sanguinaria di quella shakespeariana, avvelena il suocero con il veleno per topi, strozza l'anziano sposo e, prima di togliersi la vita, fa fuori anche l'amante del suo secondo marito. Cantata in russo, è un autentico capolavoro della musica del '900. Dopo Boris Godunov ancora un titolo sovietico, ma niente polemiche. Perché quest'opera fu censurata da Stalin in persona, proprio perché ritraeva in modo spietato l'arretratezza e la violenza della Russia dei suoi tempi. Dopo il successo clamoroso del debutto nel 1934, il dittatore la stroncò sulla Pravda definendola «caos non musica», mettendo fine anche alla carriera del compositore.
Storia di sesso e di sangue, narra di una giovane sposa alla ricerca disperata di amore e libertà. «Šostakovich che la scrisse a soli 25 anni fu un profeta – spiega il sovrintendente Fortunato Ortombina -. La sua Lady Macbeth è un'opera primordiale incentrata sul desiderio di riscatto della donna». Un'opera che mancava dal Piermarini da ben 18 anni e che questo teatro cercò, grazie al sovrintendente di allora Ghiringhelli, di accaparrarsi in una versione edulcorata dal titolo Katarina Ismajlova. Il maestro Riccardo Chailly, alla sua dodicesima prima, ha scelto di dirigere quella originale. E sembra che sia stata la stessa vedova del compositore Irina, che sarà in sala il 7 dicembre – la serata sarà ancora sponsorizzata da Allianz – a consigliarglielo. «Non è stato un atto di coraggio, ma dovuto a questo straordinario compositore a 50 anni dalla morte e ad un'opera che ha sofferto per molti anni», aggiunge il direttore musicale.
Vittima della sua stessa grandezza, se non fosse intervenuta la censura, sarebbe stata la prima di una trilogia sulla donna russa, che avrebbe potuto rivaleggiare con quella wagneriana. «È una gioia vedere l'orchestra in passaggi tecnici difficilissimi», precisa. E se il sillabato rossiniano del coro non si adatta tanto alla velocità della partitura, il maestro Carlo Malazzi ha fatto miracoli grazie alla traslitterazione dal russo della partitura. Il cast eccellente è capitanato dalla protagonista, il soprano statunitense di origine polacca Sara Jakubiak. «Il maestro Chailly mi ha spremuto come un'arancia, dico solo che cantare il ruolo di Ekaterina sarà come guidare una McLaren, con accelerazioni fortissime quasi da Formula 1».
Accanto a lei tutti cantanti russi, il basso Alexander Roslavets nei panni del suocero violento e stupratore (Boris Timofeevich Izmailov), il tenore Najmiddin Mavlyanov che interpreta Sergej, il bracciante agricolo di cui s'innamora ma che cercherà solo di sfruttarla e il tenore Yevgeny Akimov nella parte dell'anziano marito. La regia è firmata dal russo Vasily Barkhatov, alla Scala con il suo team; lo scenografo Zinovy Margolin, la costumista Olga Shaishmelashvili, il light designer Alexander Sivaev.
Il regista che ha appena trionfato a Barcellona con quest'opera, spiega: «Con Chailly abbiamo dato vita ad una drammaturgia che lascia spazio alla musica». Una musica straordinaria, quasi da film – Sostakovic fu il primo a comporre per il cinema capace di passare dal grottesco alla tragedia. Via le scene di sesso – la prima viene solo raccontata, la seconda trasformata in un banchetto- la scenografia sposta la storia dalla campagna ad una capitale russa, negli anni '50, gli ultimi della dittatura di Stalin. L'opera verrà trasmessa in diretta su Rai1 il 7 dicembre alle 17.45. Non ci sarà il presidente Sergio Mattarella.