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Addio a Brigitte Bardot, l’attrice diventata dea simbolo di bellezza e libertà

"Femminista? No, donna libera". Eppure ha fatto più la Bardot per l’emancipazione di genere che convegni e campagne politiche. L’Italia l’ha amata più della "sua" Francia, che non le ha mai perdonato le simpatie per la destra
di Mauro Zanonlunedì 29 dicembre 2025
Addio a Brigitte Bardot, l’attrice diventata dea simbolo di bellezza e libertà

4' di lettura

Lei è femminista? «Io sono una donna libera», rispose Brigitte Bardot a Costanzo Costantini, che l’aveva incontrata nella primavera del 1963, quando era scesa a Roma per le riprese de “Il disprezzo” di Godard. Il termine femminismo non le piaceva. E a chi insisteva nel definirla un’egeria di quel movimento, diceva di preferire il “mascolinismo”.

Di certo, nella storia del femminile, c’è stato un “avant” e un “après” Brigitte Bardot, che ci ha lasciato ieri all’età di 91 anni. «I suoi film, la sua voce, la sua gloria abbagliante, le sue iniziali, i suoi dolori, la sua generosa passione per gli animali, il suo volto diventato Marianne: Brigitte Bardot incarnava una vita di libertà. Un’esistenza francese dallo splendore universale. Ci toccava nel profondo. Piangiamo una leggenda del secolo»: così ha scritto il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ricordando BB.

Come ha sottolineato a ragione Giampiero Mughini, il “bardottomane” d’Italia, «ha fatto più lei perla liberazione e l’emancipazione delle donne che non tutti i convegni più o meno stucchevoli delle femministe in carriera di questi ultimi trent’anni». E lo ha fatto in un periodo in cui le libertà, per una donna, erano tutte da conquistare. La sua irruzione sulla scena, con la sua aria di sfida, la sua allegra impudicizia, il suo atteggiamento disinibito, demolì l’immagine della donna che esisteva fino ai primi anni Cinquanta. «La donna europea si riappropriava attraverso BB della sua superiorità, di fronte alle bellezze tipicamente americane», scriverà Beppe Piroddi, il grande compagno di avventure tropeziane di Gigi Rizzi, l’eterno fanciullo della provincia italiana che passò l’estate del ’68 proprio nell’alcova di BB. La Bardot era la «dea di cui aveva bisogno un’epoca priva di dei», secondo Jean Cocteau, la diva che si vestiva da antidiva, stella acqua e sapone che non aveva bisogno di truccarsi per scintillare, l’unica che poteva permettersi di andare in pantaloni all’Eliseo, da Charles de Gaulle, e fare una gran figura.

L’ITALIA LA ADORAVA

Nessun Paese l’ha amata intensamente quanto l’Italia. Nemmeno la sua Francia, che l’ha trascinata più volte in tribunale per le sue battaglie “politicamente scorrette”, in primis contro l’islamizzazione e l’immigrazione scriteriata, e non le ha mai perdonato di essersi sposata con Bernard d’Ormale, ex consigliere di Jean-Marie Le Pen, il padre del Front National, la destra identitaria francese. «Era incredibilmente francese: libera, indomabile, integra» ha rimarcato ieri la stessa Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National e figlia di Jean-Marie. D’altronde, è la stessa Francia che nel 2019 non voleva dare la Palma d’oro alla carriera ad Alain Delon per alcune sue prese di posizione non allineate sui cosiddetti “nuovi diritti” e per le sue simpatie di destra.

In Italia, invece, BB resterà in eterno un mito assoluto, un mito che non si discute: si ama e basta. Nico Buono, professore veronese esperto in onirologia, è stato il suo ammiratore più devoto. Per Lei fece voto di castità e per Lei andò in gattabuia, dopo essersi incuneato nella camera di un albergo toscano dove la diva dormiva, soltanto per ammirarla e ascoltare il suo respiro. Da quell’esperienza nacque un libro, “In carcere per Brigitte Bardot”, dove le poesie sono piene di spazi vuoti “poiché – disse Buono – le parole sono indegne” per descriverLa.

Negli anni Sessanta, quando l’ingegnere del Cavallino rampante Leonardo Fioravanti e i suoi collaboratori osservarono la coupé sportiva che avevano appena concepito a Maranello, si resero conto che era talmente bella che non potevano non dedicarla alla donna più bella del mondo. La Ferrari BB, commercializzata con il nome di Berlinetta Boxer, era in realtà un’ode a Brigitte Bardot. Milo Manara, il maestro del fumetto erotico italiano, ha sublimato la sua bellezza modellando una scultura in bronzo in cui BB è seduta su una conchiglia, scultura che oggi troneggia a Saint-Tropez, e dedicandole nel 2016 venticinque acquerelli. «Il suo pennello mi ha trasformato nella nuova Venere di Botticelli» dichiarò BB, che firmò ogni acquerello con la sua inconfondibile margherita a sette petali, il suo modo per dire “je t’aime”, discretamente, a chi riceveva il fiore.

MUSA ISPIRATRICE

Fellini era rimasto talmente sedotto da BB che un giorno pronunciò questa frase: «Se non esistesse, bisognerebbe inventarla». E Aslan, il re delle pin-up, la usò come modella per scolpire il busto della Marianne, incarnazione della Repubblica francese. «Ero fidanzato con la notte quando ci siamo conosciuti. Sembravi un marziano, un extraterrestre di stratosferica bellezza. Ma non eri quel personaggio dispotico descritto dai giornali. Eri fragile, malinconica, intelligente, sensibile, gelosa dell’intimità: diventavi furibonda se qualcuno la violava. Come i fotografi, che usavano il flash come un bazooka. Ci sono miti costruiti sul cartone: niente balle, tu eri vera. Per questo piacevi tanto. Chi ti era vicino si sentiva l’uomo più importante del mondo. Avresti voluto respirare anche la sua aria», scrisse Gigi Rizzi in una meravigliosa lettera a BB, la donna «che aveva tutto e poteva permettersi tutto», e un giorno cominciò a chiamarlo «mon amour».