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Michele Santoro, l'ammazza partiti rimasto senza voto

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Claudio Brigliadori
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Tempi durissimi per Michele Santoro. Dopo aver coltivato l'idea di scendere in politica e flirtato con Conte, il suo sogno di un "campo rossissimo" è finito in soffitta. Non gli resta che guardare i protagonisti, giudicare e, forse, votare. E Floris, a DiMartedì su La7, raccoglie lo sfogo amaro del (fu) Teletribuno.

 

 


Teme che gli elettori vadano alle urne il 25 settembre «informandosi solo gli ultimi 7-8 giorni, fondamentalmente attraverso la televisione». A questo si aggiunge il fatto che «non abbiamo avuto la possibilità di mettere insieme candidati e progetti alternativi. Sono stati scelti tutti dalle segreterie dei partiti. Noi elettori non contiamo più niente». I partiti, prosegue, «si sfidano in dibattiti esangui senza passione, convinzione, senza dirci qual è il modo per far finire questo conflitto. E intanto la gente va in piazza con le bollette perché non ce la fa a pagarle. Voto per chi? Sono combattuto.

 

 


Non vorrei andare a fare il tressette a perdere in cabina, ma vorrei votare qualcuno in cui credo».
Il momento più toccante è un altro: «Quando ero bambino- ricorda- mio padre si preparava per andare a votare, col suo vestito migliore e mi portava con lui al seggio». Struggente, ma Bruno Tabacci non abbocca: «Il ricordo di Santoro sul voto del padre mi riporta alla memoria cos' è stato il periodo della costruzione, con partiti popolari che avevano 8 milioni di iscritti». Ma c'è un però grosso come un Grillo: «A differenza sua non ho fatto parte di quelli che hanno demolito la politica, anche con la televisione in questi anni». Santoro replica secco: «Tabacci dice che io sono colpevole di aver dato spazio al M5s e sono stato punito con l'estromissione dalla tv. Ma anche quando sono uscito, il declino dei partiti è continuato quindi siete stati voi ad aver perso». Fine delle trasmissioni.

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