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Del Debbio sbotta con i maranza: "Ma che significa?"

Claudio Brigliadori
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 «Caz***o ridete?». Il colpo di genio di Paolo Del Debbio è portare in studio a Dritto e rovescio, su Rete 4, una manciata di “maranza”, mettersi in piedi davanti a loro e farsi rifare il look, mentre tutto il pubblico esplode in un boato. Lunghi minuti a cavallo tra documentario sociale e programmi stile «Ma come ti vesti?», per ottenere un illuminante carotaggio umano. Per chi non lo sapesse, i “maranza” sono il popolo dei giovanissimi “padroni” delle periferie italiane. Un mix di musica rap, abbigliamento pacchiano, frasi a effetto e tentazioncelle criminali. Uno di loro non ci sta a essere inquadrato nel fenomeno delle baby gang: «La parola maranza non significa essere criminale. La parola maranza è cultura: avere il costume, la tuta, il borsellino. Essere criminali è tutta un’altra cosa, e mi dà molto fastidio».

 

 

 

Del Debbio lo osserva con occhio da entomologo poi lo infilza: «Essere cultura è un’espressione potente, che significa?». «È uno stile di vita che non prevede atti criminali». Gustoso il confronto tra il rapper Diego Willer, nome d’arte da Far West e look alla Johnny Depp in salsa milanese, e il direttore editoriale di Libero Capezzone, che lo battezza così: «Io sono per la libertà sempre e sono contro ogni censura. Libero anche io di dire che quei testi mi fanno schifo per quello che rappresentano. Sparare, lame, ferro, ma dove volete andare?». Momento clou quando Del Debbio chiede ai giovanissimi, tra le risate del pubblico: «Se io volessi diventare maranza, le scarpe come me le devo comprare?». «Le Tn sono la cosa fondamentale. La tuta, di qualsiasi tipo di squadra. Una canottiera, il borsello tarocco, non originale». Tutti a fare shopping. 

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