Cerca
Logo
Cerca
+

Elodie in piscina, la battutaccia della Littizzetto da Fazio

Roberto Tortora
  • a
  • a
  • a

Come ogni domenica, è Luciana Littizzetto Show nel salotto di Che Tempo Che Fa sul Nove, il programma di infotainment di Fabio Fazio. Si parte subito forte con la foto di Andrea Iannone ed Elodie che ha spopolato sul web, quel tenero abbraccio nudi in piscina dopo il GP di Catalogna di lui, in un momento di relax.

La prima stoccata della comica torinese, che esordisce così: "Guardando questa foto pensavo fosse un corso di Acquagym”. Poi, si passa ad argomenti decisamente più… materiali e, anche in questo caso, la Lucianina nazionale riesce a mettere in imbarazzo Fabio Fazio: "Con la cacca si fanno tante cose. Ad esempio il caffè. Il Black Ivory, il caffè più costoso del mondo. Non vorresti provarlo?". Fazio trasale, ma la Littizzetto incalza: “Dicono che abbia un retrogusto di ciliegia sciroppata. Facciamo anche le cialde: il Nescacchè".

 

 

 

Quindi, si passa ad argomenti economici, in particolare alle pensioni, tema sempre caldo e, anche in questo caso, la comica – è il caso di dirlo – non si risparmia: "Il dito di Cattelan lo sposterei dalla Piazza della Borsa e lo metterei davanti all’INPS. Così, quando uno va a chiedere la pensione anticipata, vede già la risposta dello stato”. Infine, però, i toni biforcano tra serio e faceto nella consueta letterina settimanale, che stavolta la Littizzetto dedica al ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone: “Ministra del Lavoro del Governo di Er Meloni che, stento a crederci io per prima, con lei non è imparentata nemmeno alla lontana. Non è un incarico facile, il suo. Posso immaginare con quale invidia lei osservi Sangiuliano, il cui unico obiettivo è ricordarsi che Times Square è a New York e non a Londra… Perché sì. Un tempo c’era IL lavoro: iniziavi un mestiere a 18 anni e lo finivi a 65 per la pensione. Fine. Ora invece il lavoro è diventato dinamico, cambia, si trasforma, pensi, a volte nei casi più estremi viene addirittura pagato il giusto. Però in Italia di lavoro si muore. Secondo l’Inail, dall’inizio dell’anno 119 persone hanno perso la vita lavorando. E non siamo a fine dicembre, siamo solo a metà aprile. Lo so, ministra Elvira, che lei questi dati li conosce, ma forse gli italiani no, quindi ripeto questo numero: 119. In meno di quattro mesi. E poi c’è chi non muore ma si fa male: le denunce di infortuni sono state 92.711, circa il 7,2% in più rispetto al 2023. Senza contare quelli che non hanno denunciato. Non tutte le imprese sono proprio di moralità francescana, quindi c’è il rischio che il lavoratore che si fa male sia spinto a tacere perché non in regola lui o non in regola l’azienda”.

 

 

 

La comica, quindi, va alla tragedia di Suviana: “Qualche giorno fa. Stabilimento ENEL del lago di Suviana. Una turbina esplosa, un piano -8 che ha inghiottito uomini in un abisso senza fondo. Tecnici che lavoravano per adeguare la centrale, e che cercavano solo di portare a casa uno stipendio. È una disgrazia dite. Come se fosse normale che ogni giorno qualcuno perda la vita mentre cerca di guadagnarsi il pane. Ma non è normale, Ministro. Non dovrebbe esserlo mai. Questa letterina non avrei voluto scriverla, non fa per niente ridere, ma sono piena di urgenza, di rabbia e di tristezza. Andare al lavoro è un diritto, tornare vivi e sani pure. Se un lavoratore vuole rischiare la pelle va a fare il domatore di tigri in India, non l’operaio in Italia. Dobbiamo fare luce sulla tragedia, ripetete. Certo. Ma la luce l’accendete solo quando succedono casini, se no tutto rimane al buio, nell’ombra, a volte anche in nero. Le vittime di Suviana erano tutte di ditte esterne, subappalti. Lo sapete bene anche lei, cara Ministra, che queste non sono quasi mai tragiche fatalità o brutti scherzi del destino. Dietro a tante di queste morti c’è il mancato rispetto delle più elementari norme di sicurezza, c’è il lavoro nero, che è uno spaventoso mattatoio, c’è quello sommerso, c’è il caporalato, c’è il groviglio inestricabile di appalti e subappalti e subappalti completamente fuori controllo. Non basta il cordoglio della politica e della società civile. Servono leggi più severe, controlli più rigorosi, multe salate, formazione adeguata. Serve una rivoluzione imponente, culturale, per smettere di accettare che la vita delle persone sia sacrificata sull'altare del profitto".

 

 

 

"Tutto dicono che in Italia manca la cultura della sicurezza sul lavoro - conclude polemicamente -. E allora come si può pensare di lanciarsi in grandi opere, come il Ponte sullo Stretto senza nessuna garanzia di protezione? I sub lasciamoli al mare e teniamoci gli appalti e basta. Che la sicurezza non sia solo un cartello appeso al cantiere o un corso fatto svogliato una mattina come tante, ma sia l’obiettivo primario di ogni impresa. Spero che sappiate dare presto delle risposte, non a me che non conto niente, ma alle famiglie di tutti quei lavoratori e lavoratrici che ogni giorno si arrampicano su tubature, maneggiano macchinari pericolosi, stanno su impalcature altissime o passano la giornata vicino alle fornaci. Sulla Costituzione c’è scritto, all’articolo 1, che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Ma se di lavoro si muore, L’Italia che repubblica è?".

Dai blog