(Adnkronos/Cinematografo.it) - Fondamentale il 45° parallelo, già raccontato da Ferrario nel doc del 1998 'Sul quarantacinquesimo parallelo', citato in questo 'La luna su Torino': "Partendo da Torino e andando a est arrivi in Mongolia: non so quale, ma c'è un significato. Non è detto che non ci ritorni un'ennesima volta su questo parallelo, mi piacerebbe camminarci su da Torino fino a Boccasette sull'Adriatico e vedere che ci trovo: mi affascina di più l'esplorazione del mondo vicino, piuttosto che paesi lontani da cui torni uguale a prima". Ferrario, poi, si sofferma su un altro tema portante del film, "la precarietà, ma non intesa nel senso sociologico corrente: l'esistenza in senso metafisico è precaria, viviamo sospesi, dobbiamo camminare sul filo imparando la grande arte della leggerezza, ma la possibilità di cadere c'è sempre, questa è la vera precarietà". Analogamente, 'La luna su Torino' "parla di massimi sistemi, del trovare il proprio posto al mondo con leggerezza, come una mongolfiera che sale ma è fragile", intercettando l'exemplum di Leopardi: "Io e Martone l'abbiamo riscoperto, perché te lo insegnano a scuola e poi lo dimentichi. Lo stereotipo lo vuole un genio sfigato, viceversa, è un pensatore modernissimo: il mondo l'aveva tutto chiaro, ma non riusciva a cambiarlo, come succede a noi oggi, quando rispetto a 20 anni fa modificare qualcosa è divenuto impossibile". Ferrario di Leopardi sottolinea anche l'aspetto comico, e analogamente "questo film non si prende sul serio per dire cose serie". E il regista loda lo 'straniamento' quale effetto principe che un film deve avere: "Uno dei miei problemi con il cinema italiano attuale è che dopo 5 minuti sai già che succederà nei successivi 95…".