Inter, Fabrizio Biasin: per il futuro si punta sul riscatto di Rafinha
La prima volta che le parole «Inter» e «Rafinha» vennero associate, la reazione delle masse fu più o meno questa: «Cosa lo prendono a fare» e «è rotto» e «l'Inter ha bisogno di Pastore, non di uno che ci metterà tre mesi per entrare in forma» e «se il Barcellona te lo lascia a zero significa che non vale niente». Il solito, insomma. La verità è che all'Inter e al Barcellona sono trutto tranne che coglioni, a gennaio si sono trovati e hanno messo sul piatto una formula buona per tutti: il ragazzo va all'Inter a costo zero così può tornare a giocare dopo il lungo infortunio (menisco), ma il diritto di riscatto è fissato a 35 + 3 milioni, ovvero un botto di soldi. Spalletti dopo una prima fase in cui ha trattato il brasiliano (nonché figlio di Mazinho e fratello di Thiago Alcantara, giocatore del Bayern) come fosse un vetro di Murano («ci vuole pazienza, non è pronto...») lo ha infine messo al centro del gioco, che prima era un «non-gioco» e ora, invece, davvero buttalo via. Questa cosa non ha portato le masse a ritrattare («ci siamo sbagliati»), ma a rilanciare: «L'Inter non lo riscatterà, è un club di incompetenti». Il consueto ottimismo. Secondo i soliti beninformati, il tentativo della società di ovviare ai paletti fissati dal fairplay finanziario (l'Inter deve racimolare circa 40 milioni di plusvalenze entro il 30 giugno per «allentare» la morsa dell'Uefa) dovrebbe passare dal prolungamento del prestito del centrocampista, trasformando però il «diritto di riscatto» in «obbligo». Questa cosa è improbabile, non fosse altro che in ambito Uefa da un anno a questa parte «obbligo di riscatto» e «acquisto» sono parificati e, quindi, non consentono di sfuggire alle regole dei severissimi gendarmi del presidente Ceferin. Tutta questa cosa non aiuta i pessimisti per natura, già in lacrime per la «sicura partenza del giocatore» a fine campionato. La verità è che in questo momento nessuno sa cosa davvero accadrà, ma è chiaro che: 1) All'Inter non sono scemi e puntano a trattenerlo. 2) Una spesa da quasi 40 milioni è praticabile solo in presenza di qualificazione alla prossima Champions e cessione di giocatori come Kondogbia e Joao Mario (ma la risposta deve arrivare «entro fine campionato»). 3) In ogni caso si cercherà una formula alternativa al «ti do tutto e subito». 4) Il ragazzo, autore domenica del primo gol in nerazzurro, si è già espresso quanto a preferenze («voglio rimanere qui. La mia testa è all'Inter»). 5) Se «i nemici» sono passati da dire «l'Inter prende uno rotto» a «tanto a giugno tornerà al Barcellona», significa che tutti hanno capito che non siamo di fronte a un giocatore banale: perderlo sarebbe «peccato mortale», anche solo perché poi devi trovarne uno con le stesse capacità e, soprattutto, con la stessa «fame di Inter». 6) Tutti questi ragionamenti lasciano il tempo che trovano per il semplice fatto che in questo momento ogni ragionamento non può prescindere dalle vittorie con Sassuolo e Lazio: con 6 punti e la Champions tutto diventa possibile (facciamo «molto»), viceversa sarà overdose di «io l'avevo detto» e calcoli da ragioniere di provincia. Ps. Se state pensando «malefico Zhang, caccia 'sti 40 milioni!» vi siete fatti fregare dal populismo pallonaro: ribellatevi. di Fabrizio Biasin