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Gigi Buffon, il declino: il rinnovo vacilla, ecco la ragione dei suoi guai al Psg

Davide Locano
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Il traguardo è stato tagliato, celebrazione e autocelebrazione sono puntualmente arrivate, oltre all' umana e giusta soddisfazione, all' orgoglio, rimane anche una domanda: e adesso, cosa faccio? Gianluigi Buffon, anni 41 e mesi 3, ha vinto in Francia il suo decimo titolo nazionale personale, si può cucire sulla maglia la sua "stella". È il primo calciatore italiano di sempre a riuscirci, è lì a un passo dallo specialista Ibrahimovic, che ne ha conquistati 11 in quattro leghe diverse. Ai nove scudetti colti con la Juventus - quelli regolarmente registrati in albo d' oro, si intende - si unisce questo freschissimo trionfo col Paris Saint Germain, club che non casualmente in questo periodo storico è in slalom parallelo con Madama: dominio assoluto in patria, perenni incompiute in Europa. Il "PéSéGé" degli emiri qatarioti dittatori della Ligue 1 con sei titoli negli ultimi sette anni - e almeno lì c' è stato un Monaco che a un certo punto si è infilato -, spesso con vantaggi abissali, e che però va puntualmente a sbattere in Champions League a dispetto di cascate di milioni - ormai miliardi - versati nelle altrui casse, Neymar, Di Maria, Cavani, Mbappé. Leggi anche: "Cosa mi ha salvato la vita", struggente confessione di Buffon TABÙ CHAMPIONS Lo stesso copione vissuto per anni a Torino dal portierone ex azzurro, e regolarmente andato in scena anche quest' anno, all' altezza degli ottavi di finale, con Buffon ancora schiacciato dall' incantesimo e messo nell' angolo agli eventi: neanche il perentorio 2-0 colto a Old Trafford è bastato, al Parco dei Principi il Manchester United ha ribaltato clamorosamente anche e soprattutto grazie a una papera del grande portiere azzurro, affondato poi da un rigore in pieno recupero, esattamente come successo 12 mesi prima a Madrid. Stavolta, però, non ci sono stati riferimenti a cuori di arbitri, bidoni di spazzatura, fruttini: nel ciclone ci è finito lui, sturando un fiume di critiche che covava sotto la cenere perché Buffon - alternato fin dall' inizio della stagione all' altro portiere dei parigini, Areola - qualche dubbietto l' aveva fatto sorgere. E specialmente il "dopo" Champions, condito ancora da qualche incertezza, ha indotto i Paperoni della Senna a frenare sull' esercizio dell' opzione sull' anno di estensione all' accordo per una stagione firmato la scorsa estate. È DIFFICILE DIRE BASTA I tifosi parigini, dal canto loro, sono in larghissima parte schierati con Areola, nel dibattito perennemente in corso sui social: il nome Buffon non è per nulla concepito nel disegno, nell' idea del Paris del futuro che hanno i fans. L' invito ripetuto e più o meno rispettoso, è quello di scrivere la parola fine, nel rispetto della grandezza che fu. E Gigi, giusto per usare la parola più adatta al contesto, è sicuramente "touché". Nelle ore della vittoria, dai suoi account personali, sono sgorgate immagini di gioia, ma anche parole che indicano uno stato d' animo non del tutto sereno: la citazione dello scrittore statunitense James Baldwin, "le persone che non soffrono mai non possono crescere, né sapere chi sono" può essere forse interpretata come il sopravvenuto momento, davvero, di diventare grande, lasciare il rassicurante tetto di uno spogliatoio, il pavimento d' erba di uno stadio o di un campo di allenamento, l' ancora più rassicurante stipendio da fuoriclasse (quattro milioni l' anno). Bisogna fare qualcos' altro, soffrendo, appunto: per la lontananza da un pallone, per riflettori e leadership da riconquistare facendo altro. Un problema comune a molti fuori categoria del mondo del calcio, e dello sport. Però, prima o poi, bisogna tuffarsi. Forza Gigi, in questo fondamentale sei sempre stato un fenomeno. di Davide Gondola

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