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Tokyo 2020, "come hanno inquadrato la pallavolista": roba da matti, questa "cosina" in tv

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"Il sesso diventa ossessione, anche se trasformato in ideogrammi. E in questi giorni il tema dilaga", scrive Marco Lombardo su il Giornale. Il tema sono i giochi olimpici di Tokyo 2020, che hanno assunto una sfumatura politica e ideologica, come non mai. Si era già visto con Euro 2020 quanto lo sport possa trasformarsi in un veicolo di messaggi politici, con il discusso gesto di inginocchiarsi per solidarietà al movimento americano Black Lives Matters. "Lo sport ormai sta rischiando di essere sballottato tra la rivoluzione politica e quella sessuale". L'esempio lampante è quello del campione di tutti Tom Daley, sposato con un uomo e che ha ribadito di essere orgoglioso della sua omosessualità dopo aver vinto l'oro. 

 

 

Il concetto di sessualità in Giappone è trattato in maniera superficiale, e si ha quasi paura soltanto di parlarne. Non è un caso se un quarto delle persone sotto i quarant'anni non ha mai avuto rapporti eterosessuali "mentre altro non viene neanche preso in considerazione", sottolinea il giornalista. Per la popolazione giapponese poi è ritenuto scostumato il baciarsi in pubblico, figurasi con un gaijin (gli stranieri). La prostituzione è vietata, mentre i filmati a luci rosse sono censuarti. Insomma, in Giappone certe cose non si fanno e nemmeno devono quindi essere mostrate. 

 

 

Eppure, ai giochi olimpici non si fa altro che parlare di sesso. Sono diventati un caso ormai le regole della tv nazionale, che ha ordinato ai propri operatori di non inquadrare le atlete in maniera lasciva. Niente primi piani quindi che potrebbero sollecitare pensieri sgradevoli, ma questo sembra essere rivolto soltanto alle figure femminili. Per l'uomo quindi? Alcune giocatrici di pallavolo hanno invece chiesto di giocare in pantaloncini e non con gli slip dei bikini, e nel caso sono pronte a pagare una multa. Resta da capire perché mai dovrebbero essere sanzionate per dei pantaloncini. "In tempi di politicamente corretto - conclude Lombardo -. Dire insomma che sarebbe giusto che ognuno faccia quello che gli pare sembra un po' discriminatorio". 

 

 

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