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Gianmarco Tamberi, clamorosa confessione sull'oro a Tokyo 2020: "La verità? Quella medaglia...", cosa proprio non torna

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Gianmarco Tamberi oggi, giovedì 9 settembre, può vincere il titolo di campione della Wanda Diamond League, più 30 mila dollari. Stavolta non dovrebbe esserci un ex-aequo: raddoppiare l'oro a Zurigo non sarà possibile. "No. Meglio così, non dovrebbe mai toccare all'atleta decidere il pari-merito. Non è giusto, e se uno dei due non è d'accordo che si fa, si tira la monetina? Ma chiariamoci. Quel gesto è stato il completamento di una vita, con Barshim ho condiviso i lunghi anni in pedana e gli infortuni. Io mi sono fatto male a Montecarlo il 15 luglio del 2016, a tre settimane dai Giochi di Rio, lui a luglio 2018, alla caviglia sinistra, quella di stacco. E io lì ho rivissuto il mio trauma, ma sono stato zitto, mi veniva solo da piangere perché lui non si rendeva conto di quello che avrebbe dovuto affrontare", racconta il campione olimpico in una intervista a Repubblica.

 

 

 

"Cosa vuoi dire ad un amico: passerai anni tristi e difficili, pieni di frustrazione e forse anche di depressione? Mutaz Barshim, quando non volevo parlare con nessuno, dopo i tre nulli alla misura d'entrata a Parigi, nel meeting del 2017, è rimasto mezz'ora a bussare alla mia stanza d'albergo finché non l'ho lasciato entrare. Vi rendete conto cosa significa attendere cinque anni e arrivare alla conquista di una finale olimpica con un amico che aspetta anche lui il primo oro? Sì, è stato Barshim a chiedere al giudice: possiamo vincere tutti e due? Poi mi ha guardato, come a dire: ci stai? Non c'è stato nemmeno bisogno della mia risposta. E chi ero io per rifiutare un oro all'Italia? Avessi detto no e l'avessi perso mi avrebbero sommerso di critiche: presuntuoso, superbo, egoista", continua a raccontare Tamberi.

 

 

 

"È stata un'occasione unica di amicizia. Non sapevo che Elena Isinbaeva, primatista mondiale dell'asta, avesse criticato la scelta, si vede che in pedana ha avuto soltanto avversarie e nemiche. Mi dispiace per lei. Ma dovrebbe decidere il regolamento, senza possibilità di accordo. A noi va il compito di saltare, e basta. Tokyo è stato un fatto eccezionale, ma ha fatto comodo a tutti, perché altrimenti la finale dei 100 metri sarebbe stata ritardata e alla programmazione televisiva non andava bene. Chi garantiva che io e Barshim non avremmo continuato a fare pari misure per ancora un'altra ora? E chi mi dice che magari il mio oro non abbia motivato Jacobs a pensare che anche lui ce la potesse fare?", conclude Tamberi.

 

 

 

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