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Spalletti, Pioli, Inzaghi e Allegri? La dura vita del mister, massacrato anche se fa il suo dovere

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Fabrizio Biasin
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Da quando ha perso con la Fiorentina e pareggiato con la Roma, Luciano Spalletti, è diventato un povero fesso. Date un'occhiata in giro (leggi, social), gli stanno lucidando la pelata a colpi di «ha sbagliato tutto» e «se l'è fatta sotto» e «io l'ho sempre detto che vale poco». Conta nulla che a inizio stagione gli avessero chiesto la qualificazione alla Champions (praticamente raggiunta), ormai il buon Luciano si era condannato alla vittoria del tricolor e, quindi, «è tutto un fallimento».

Quindici giorni fa - non sei mesi, 15 giorni, ovvero prima della vittoria con la Juve - la stessa sorte era capitata a Simone Inzaghi, tecnico dell'Inter. «Non sa fare i cambi», «Non sa gestire i gironi di ritorno», «Non sa guidare una squadra con ambizioni», «Bisogna pensare a un sostituto», fino all'immancabile «io l'ho sempre detto che vale poco». Fa niente se i Grandi Capi gli hanno chiesto gli ottavi di Champions (conquistati) e uno dei primi quattro posti in classifica (conquistato pure quello), deve vincere tutto altrimenti «non vale niente».

State sereni che lo stesso discorso, se mai dovesse anche solo arrivare secondo, toccherà pure a Stefano Pioli che, tra l'altro, sta facendo un lavoro straordinario. E non da ieri, da due anni. Non dovesse trionfare gli diranno «non è un vincente, con gli arabi è doveroso cambiare». Potete scommetterci.

Ecco, tutto questo papocchio per dire che sì, nel mondo esistono decine e decine di lavori certamente più usuranti ma, al netto dello stipendio, anche quello dell'allenatore è un bel lavoro di merda.
Ps. La domanda a questo punto nasce spontanea: ma se nessuno dei 3 aveva il dovere di vincere lo scudetto, a chi toccava l'incombenza? Per info chiedete a Lapo Elkann.

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