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Olimpiadi invernali 2029? Se le comprano i sauditi: quanti miliardi sganciano

Claudia Osmetti
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La montagna è «in via di realizzazione» e costerà pure 500 miliardi di dollari: l'Arabia Saudita si è aggiudicata la nona edizione dei Giochi asiatici invernali, che sono come le nostre Olimpiadi dello sci, del bob e del pattinaggio, insomma quelle che nel 2026 si terranno a Milano e Cortina, e però sono riservate ai Paesi dell'Oca, il Consiglio olimpico dell'Asia. Ci possono partecipare la Cina e la Corea del Nord, gli Emirati e la Siria, non gli Stati Uniti e Israele. Nemmeno l'Italia, se è per quello. Ma è una magra consolazione quando, poi, la fiaccola passa dallo sport alla politica. Nel senso che qui, di conti che non tornano, ce ne sono almeno due.

Il primo è quello territoriale, ché Riyahd occupa gran parte della penisola arabica, è uno Stato principalmente desertico, ma affaccia lungo tutto il Mar Rosso e non è la prima meta che ti viene in mente se pensi agli scarponi, allo snowboard e alla berretta di lana. Il secondo "problemino" è che non è neanche il Paese più aperto del pianeta. Checché ne dica il leader di Italia Viva Matteo Renzi, con il suo «nuovo rinascimento», alla corte di Mohammed bin Salman vige ancora la Sharia, la legge islamica, le donne son trattate come son trattare e l'omosessualità è un reato punibile con una caterva di frustate o con la morte. Forse anche questi dovrebbero essere elementi da tener presenti quando si distribuiscono le vetrine degli sport internazionali.

L'annuncio l'hanno dato qualche giorno fa e nel Golfo si stanno spellando le mani, con tanto di sito web dedicato, rendering futuristici e piste da slalom che sembrano uscite da un film di fantascienza. Tutto bellissimo, per carità. Ma qual'è il senso? Non c'erano altre località invernali per davvero, in tutta l'Asia, dove andare a zigzagare con i carving? Il progetto si chiama Neom, bin Salman ha già anticipato che è quello più ambizioso nel quale si sia mai cimentato e si tratta dello sviluppo di 26.500 chilometri quadrati con affaccio sul mare. Per sciare, però. Attorno è tutto deserto, zone aride, sassi e polvere e ci sorgerà una delle più immense stazioni sciistiche della Terra. In un momento in cui mezzo mondo è alla fame e l'altro mezzo si lamenta che l'attività dell'uomo sta cambiando la faccia di madre natura. Pazienza: «Con il supporto illimitato della leadership saudita», twitta soddisfatto il principe Abdulaziz Bin Turki Al-Faisal, che è anche il ministro dello Sport in Arabia, «e di sua altezza reale, siamo orgogliosi di annunciare che abbiamo vinto la gara per ospitare i giochi di Trojena 2020». Scii, ma fai anche snorkeling: è lo slogan con cui stanno sponsorizzando l'evento.

Che sembra più un paradosso climatico, ma vai a dirglielo. Ti rispondono che no, sarà a impatto zero. Solo che c'è già chi non ha digerito completamente la questione. Alcuni consiglieri del progetto Neom, infatti, come Daniel Doctoroff e l'archistar Norman Foster, han tirato fuori quella brutta paginetta dell'assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, fatto a pezzi, letteralmente, a Istambul il 2 ottobre del 2018, con una sfilza di dita puntate che indicano come mandate la casa reale saudita, e hanno detto che no, di prendere parte alla fanfaronata non sembra loro il caso. Anche perché se va a finire come per i mondiali in Qatar, quelli che si giocheranno tra un mese a Doha, campa cavallo: per costruire stadi e strutture ricettive, lì, le stime più aggiornate parlano della morte di almeno 6.500 persone, tutti immigrati provenienti dall'India e dal Pakistan e dal Nepal e dal Bangladesh e dallo Sri Lanka. Uccisi da turni massacranti quasi in regime di schiavismo e prima del fischio d'inizio. Gli osservatori internazionali (qualsiasi cosa voglia dire la dizione) si sono già detti preoccupati perché anche in Arabia c'è la Kafala, ossia quella forma di neo-schiavitù legalizzata e poi come controlli? Tra l'altro, per far posto a macchine volanti, una luna artificiale e un lago nuovo di zecca, le autorità saudite stanno già sfrattando i membri di una tribù, gli Howeitat, che vivono in quella zona da sempre. E al 2029 mancano ancora sette anni. 

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