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Lautaro e... Inter, dieci giorni di sudori freddi: il dilemma di Simone Inzaghi

Claudio Savelli
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Subito dopo aver trascinato l’Inter nella prossima Champions League, Romelu Lukaku ha pubblicato un post sui social corredato da una scritta dettata dall’euforia: «Benvenuti a Lula park». Una frase dettata dall’euforia del momento oppure una furba candidatura per la finale di Istanbul? In entrambi i casi potrebbe non aver fatto così piacere a Dzeko, il promesso sposo di Lautaro per il 10 giugno, ma se anche fosse, sarebbe un meraviglioso problema da gestire per Inzaghi. Meglio avere l’imbarazzo della scelta che scelte imbarazzanti, vuol dire che si sta allenando una grande squadra.

Di sicuro relegare un Lukaku così in panchina è un sacrilegio e un controsenso: l’Inter lo ha aspettato per un anno intero e, ora che «finalmente è atterrato a Milano», come ha scritto il sarcastico Bastoni sotto quel post, sarebbe insensato farne a meno. Tanta fatica per niente? Che poi niente non è la parola corretta: il punto non è se Lukaku gioca, ma se lo farà dall’inizio. La questione è anche tattica e strategica. I primi trenta minuti saranno probabilmente decisivi. Il Manchester City proverà a imporsi, sapendo che una volta sbloccata, la partita sarà in discesa, e l’Inter dovrà resistere all’urto iniziale. Vuol dire che avrà un baricentro basso e molto campo davanti, l’ideale per le corse potenti di Lukaku.

STRATEGIA
Ma è anche vero che, dovesse la partita rimanere in equilibrio fino all’inizio del secondo tempo, il belga potrebbe essere l’arma perfetta in corso d’opera. Il City a quel punto sarebbe più stanco e nervoso per non aver ancora ipotecato la finale e potrebbe sbilanciarsi, offrendo ancor più campo ad un fresco Lukaku. Inzaghi ha dichiarato che «si possono avere delle idee, poi con un allenamento cambia tutto». Sembra voler dire che il programma sarebbe partite con Dzeko, come sempre fatto in Champions, ma dovesse Romelu mostrarsi carico in allenamento come nelle ultime partite, potrebbe sorpassare il compagno. Il rendimento è dalla parte del belga ed è impossibile da non notare. Nelle ultime quattro di campionato ha segnato 5 reti sulle 10 della squadra, la metà del fatturato offensivo. Ha saltato Verona e, nelle precedenti quattro, ha firmato 2 reti e 4 assist.

IL RITORNO DI BIG ROM
Da quando è titolare fisso in campionato, cioè dalla sfida persa contro lo Spezia dello scorso 10 marzo, è andato in crescendo di condizione, fiducia e prestazioni: in undici gare ha firmato 8 reti e 4 assist, una media da Romelu dei tempi d’oro e da miglior attaccante della serie A. Di fatto Lukaku ha trascinato l’Inter nella prossima Champions che non sa se giocherà con la maglia nerazzurra e, così, si candida per essere titolare nella finale di quella in corso, dove è sempre partito dalla panchina. Mai in Europa è stato schierato nell’undici e, su sette presenze totali, ha collezionato solo 144’, una media di 20’ a partita.

Eppure, anche qui è stato decisivo con il gol decisivo negli ottavi di Champions contro il Porto, uno nei quarti contro il Benfica, un assist nell’euroderby in semifinale e, giusto per ricordarlo, ha pure firmato il rigore alla Juventus nella semifinale di Coppa Italia. In Champions la gerarchia di Inzaghi è chiara e la strategia è Lukaku per Dzeko intorno al 70’. Ad oggiè probabile sia così anche in finale, con il bosniaco usato come rifinitore per le ripartenze nella prima ora di gioco e il belga come distruttore nell’ultima mezz’ora, sperando di arrivarci con il risultato in equilibrio. Inzaghi non ci perderà il sonno, ma dieci notti portano consiglio. Soprattutto quando la Lula, lassù, è piena.

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