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Jannik Sinner, la sorpresa: canederli? Non proprio: per cosa va matto in tavola

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Leonardo Iannacci
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 Ha vissuto con Sinner per tutti gli esaltanti giorni australiani. Gli ha curato i muscoli preziosi partita dopo partita, dal facile debutto-allenamento contro lo sconosciuto olandese Van de Zandshupl all’ultimo, trionfale punto contro Daniil Medvedev. Per due settimane con Jannik, il suo amico-campione, ha gioito, tremato (poco) e infine festeggiato (molto) dopo il trionfo agli Open d’Australia. «E dormito nulla! Soprattutto dopo la finale. Dopo il volo Melbourne-Dubai siamo arrivati a Roma un po’ stanchini, per la verità». Chi parla è Giacomo Naldi, 34 anni, il fisioterapista personale di Jannik che ha assaporato con orgoglio il primo Slam vinto dal carissimo Rosso di San Candido. Giacomo fa parte del team speciale che ha aiutato Sinner a conquistare l’Australia e conosce bene il campione, ancor meglio l’uomo, dall’ottobre 2022: «Fu allora che incontrai per la prima volta Janni», racconta.

«Aveva fatto tappa a Casalecchio, vicino a Bologna, per essere assistito nel recupero da un antipatico infortunio alla caviglia destra, guaio rimediato al torneo di Sofia contro Rune. Mi disse: sto creando uno staff che mi segua tutto l’anno. Ti va di entrarci? Dall’inizio del 2023 lavoro con lui in uno staff incredibile che comprende anche un mental-coach, Riccardo Ceccarelli, che da 30 anni si occupa dei campioni di Formula 1». Naldi lavorava per la Segafredo Virtus Bologna, una delle migliori squadre d’Europa nel basket e ha mollato tutto per Jannik: «Con dispiacere. La Virtus è un’eccellenza nel mondo della pallacanestro. Ma Sinner ha rappresentato un grande appuntamento professionale da non mancare».
Così Naldi è entrato a conoscenza anche del Sinner segreto. Sentite un po’: «Jannik va pazzo per il burraco. Lo aiuta a rilassarsi e ha un metodo quando lo gioca forse perché somiglia un po’ al tennis. Nelle lunghe pause durante i viaggi nel mondo e tra una partita e l’altra di Melbourne abbiamo fatto interminabili partite. Ed è bravo, eh...». E poi i tortellini, quelli buoni, che Giacomo gli ha fatto conoscere a casa sua: «Una sera siamo rientrati a Bologna da un torneo all’estero.

 


L’ho fatto dormire da me e mamma ci ha preparato i tortellini che fa con le sue mani, sono davvero leggendari. Dopo siamo finiti a giocare a burraco sino a notte fonda. In quattro: io, Jannik e i miei genitori. E anche lì voleva vincere a tutti i costi». Atleticamente ha riscontrato una struttura fuori dal normale: «Ho letto che Sofia Goggia ha sottolineato la capacità che ha Jannik di tenere le ginocchia unite come pochi quando scia. In effetti è un fenomeno, durante le due settimane dello Slam australiano ha curato l’aspetto fisico sotto i sotto i punti di vista, curando i dettagli in modo maniacale». La muscolatura di Jannik è uno dei suoi assi nella manica: «Non è un Alcaraz o uno Shelton, non ha la loro massa muscolare, è alto e slanciato e, in questo, ricorda un po’ Djokovic. Mentalmente è più sicuro di tanti atleti della sua età: è determinato, non è mai contento e vuole migliorare sempre. Timido? No, è solo una qualità della sua straordinaria educazione. È un ragazzo che si fa voler bene e i complimenti arrivati da molti suoi colleghi, da Nadal allo stesso Alcaraz, ne sono una conferma. Lavorare con lui è un piacere».

 

 

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