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Jannik Sinner, Pietrangeli: "Perché è come Giorgia Meloni"

Leonardo Iannacci
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A 90 anni suonati (senza mai andare fuori tempo) e oltrepassati con il piglio del fuoriclasse, Nicola Chirinsky Pietrangeli resta uno spasso. Quando apre bocca non fa prigionieri. Recita anche, dice molte verità e, a volte, fa arrabbiare. Ma lui se ne frega e va avanti per la propria strada, la stessa che ha percorso in una vita incredibile e favoleggiata nel libro “Se piove, rimandiamo” (Sperling&Kupfer).

Signor Conte, come si sta a quota 90?
«Ah, sa che sono un nobile? È bene informato».

Chiariamo per gli ignari?
«Sono nato a Tunisi, all’epoca un protettorato francese, da papà Giulio e da mamma Anna, una nobile russa. Da qui il secondo nome Chirinsky e il blasone. Mai vantato, però».

Il bel mondo lo ha frequentato a lungo, vero?
«Beh... Il principe Ranieri di Monaco era mio amico. A Los Angeles cenavo una sera con Charlton Heston e quella dopo con Sinatra, in via Veneto giocava a carte con Mastroianni, a Gstaad prendevo l’aperitivo con Richard Burton e Liz Taylor e a Parigi mentre giocavo e vincevo il Roland Garros strizzavo l’occhio ad alcune signorine del Crazy Horse».

Conferma il mito di Pietrangeli playboy?
«Ero giovane, non inguardabile, giocavo a tennis e vestivo di bianco. Faccia lei».

Viriamo sul tennis di oggi?
«$ un altro mondo. Noi giocavamo per vincere, per divertire e divertirci. Oggi ogni pallina vale decine di migliaia di euro e a molti tennisti non importa molto del pubblico».

 

 

Non Sinner: l’altra sera ha soccorso uno spettatore che si era sentito male, ormai è un personaggio anche fuori dal campo...
«Jannik è di un’altra pasta. Un vanto per noi italiani, come giocatore e come ragazzo».
Sinner è diventato un milionario in un paio d’anni, lei non ce l’ha fatta in venti.

La ritiene un’ingiustizia?
«Era un altro tennis. Quando ho vinto il Roland Garros mi hanno dato una coppetta e un premio con il quale non mi sono comprato neppure un appartamentino. Oggi chi vince uno Slam si porta a casa due milioni di dollari».

Lei è passato per un fustigatore di Sinner...
«Tremenda sciocchezza. Mai stato invidioso di lui. Jannik è un bravissimo tennista e un ragazzo d’oro. Ho soltanto detto che non si sa se avrà la mia stessa carriera in termini di lunghezza.Ho giocato sino a 41 anni, io».

Ora Sinner è in semifinale a Miami: può vincere il secondo 1000?
«Certo che sì. Stiamo parlando di uno dei tre migliori giocatori al mondo. Anzi, di uno dei due migliori. Ha avuto un tabellone agevole e lui ne ha approfittato con intelligenza. Medvedev? Sa come batterlo, stasera».

Sinner diventerà il più forte italiano di sempre?
«Gli auguro di vincere più di me. Con quattro Slam, 164 match giocati in Coppa Davis e 120 vinti, forse sono raggiungibile. Lei che dice?».

Cosa le piace di Jannik?
«La freddezza e l’educazione, oltre ovviamente al talento».

Quali Slam può vincere?
«Dipenderà solo da lui. Ma vedrete che ci farà divertire già al Roland Garros».

Jannik e Alcaraz sono i Federer e Nadal dei prossimi dieci anni?
«Esattamente. Diversi fra loro come lo erano Rafa e Roger ma incredibilmente campioni. Il tennis è in buone mani».

La sua passionaccia resta Re Roger?
«Come potrebbe essere altrimenti? Federer ha giocato un tennis poetico rivisitandolo nel nuovo millennio».

Per il suo celeberrimo rovescio a una mano?
«Ho letto che nei primi 10 del ranking non c’è più un giocatore che lo porta a una mano, tutti a due: bestemmia!».

Djokovic è alla fine della corsa?
«è un fenomeno ma a fine anno sapremo. Se continua a perdere gli consiglio un sereno ritiro».

Berrettini sembra non uscire dal tunnel: che spiegazione dà?
«Ha smarrito la sicurezza e ha gambe deboli. Non ha potenza fisica dal tronco in giù. Anche Panatta aveva un po’ lo stesso problema».

Quindi Melissa Satta non c’entra?
«Chi lo sostiene è un imbecille».

A proposito di rovescio a una mano: Musetti?
«Il più bello da vedere, non il più forte. Per ora».

 

 

 

Di recente Panatta ha detto: «Nicola resta un egocentrico,una volta gli ho sentito dire a Rivera: “Gianni, sei stato fortunato quando ho scelto il tennis e non il calcio”».
«Tutto vero. A 18 anni giocavo meglio a football che a tennis. A Bologna mi allenavo la mattina allo stadio con i rossoblù e il pomeriggio alla Virtus giocando a tennis. Per questo avevo gambe forti e ho giocato sino a 41 anni».

Un giorno lei paragonò Sinner alla Meloni per via delle «palline quadrate di entrambi». È dello stesso irriverente avviso oggi?
«Assolutamente sì. Più che mai. Non mi occupo di politica ma quella ragazza piace a molti. Un giorno, contestata in piazza, ha dichiarato: i fischi non mi fanno paura, sono abituata a sentirli fin da quando avevo soltanto 16 anni».

Palline iperquadrate come Jannik, quindi?
«Sì. Anche perché la rivale di sinistra è deboluccia».

Ultimo quindici: perché ha intitolato l’autobiografia “Se piove, rimandiamo”?
«Tra duecento anni, quando morirò, il funerale si farà sul campo Nicola Pietrangeli, al Foro Italico. Ci sono parcheggi comodi e tribune per 3.000 spettatori. Ma se piove, rimandiamo».

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