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John Elkann e Andrea Agnelli litigano su Max Allegri e la Juventus

Luca Beatrice
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«Un mix straordinariamente unico: superbia e umanità che si fondono continuamente durante un viaggio decennale. Grazie Max, grazie a te che hai rappresentato essere Juventus con ogni tua cellula. Fino alla fine». Da ieri questo tweet di Andrea Agnelli su X ha aggiunto un altro capitolo alla vicenda di Massimiliano Allegri, esonerato dalla società con il beneplacito della proprietà. Con l’addio dell’allenatore richiamato dall’ex presidente vincitore di nove scudetti di fila, pentito di quell’allontanamento del 2019 e sempre rimasto suo amico personale, si chiude definitivamente un’era straordinaria dal punto di vista sportivo ma molto discussa per altre e ben note questioni. Anche la Coppa Italia, la quindicesima e la quinta personale di Max, suona come un trofeo attribuibile al passato. Allegri sapeva che sarebbe stato mandato via e la sua uscita di scena, che ha dell’eroico, resterà a lungo negli annali della storia del calcio proprio per la teatralità scelta, da Gassman o da Carmelo Bene.


Per più di un anno l’ex-allenatore della Juventus ha sopportato la gogna su alcuni quotidiani e sui social da tifosi, opinionisti, gente comune che gli rimproverava il cattivo gioco e la resa modesta della squadra, in particolare nel girone di ritorno di questo campionato. Eppure, dal licenziamento dei giorni scorsi il web ha girato, migliaia e migliaia di messaggi di solidarietà al tecnico come neppure lui si sarebbe aspettato e che forse non sarebbero mai arrivati senza un addio così burrascoso e spettacolare. Gli ha scritto Adrien Rabiot, «meritavi una fine migliore», grato per aver creduto in lui e in pratica anticipando anche il suo addio da Torino, gli ha scritto il capitano Danilo, «questa lezione rimarrà con noi per sempre, per il calcio e per la vita», un altro dei “pretoriani” del mister, difficilmente riconfermato, gli ha scritto Niccolò Fagioli, la cui squalifica ha privato il centrocampo di uno degli elementi di maggior qualità. Sentimenti di solidarietà giunti anche da Federico Gatti, Dusan Vlahovic, Kenan Yildiz, Manuel Locatelli, che appaiono autentici e non di prammatica, segno che c’è ancora tanto di agnelliano nella Juve che si presta a compiere l’ennesima rivoluzione in pochi anni, sicuramente spinta dalla necessità e di mettere alle spalle un passato prossimo glorioso convinta dalla propria storia che la rinascita è comunque alle porte.

 



Ci troveremo dunque, a partire dalla prossima stagione, a parlare di una Juventus completamente nelle mani di John Elkann, che di carattere non trasuda la stessa passione del cugino ma di gestione si intende. Tecnici in ufficio e pieni poteri a Cristiano Giuntoli, il direttore sportivo che Allegri non avrebbe voluto, la difficile coesistenza di questi mesi e ora chiamato a disegnare la nuova squadra con acquisti che non siano certo i Djalo o gli Alcaraz presi a gennaio non si sa perché ma giocatori di livello anche se sostenibili perché soldi ce ne sono pochi e perciò finanziati da vendite che potrebbero risultare dolorose, uno su tutti Bremer, tra i pochi a incarnare lo spirito Juventus. Giuntoli avrebbe individuato Thiago Motta per la panchina bianconera, allenatore giovane, emergente e ambizioso, forse neppure costretto a vincere subito ma comunque a voltare pagina. La storia della Juve è piena di scelte del genere: Trapattoni, Lippi, Conte vennero da emergenti, il solo Allegri con uno scudetto portato in dote dal Milan. In diverse interviste Giuntoli ha dichiarato di essere juventino dalla nascita, e il suo vecchio mentore Aurelio De Laurentiis non ha proprio gradito, però questa appartenenza ai colori se la dovrà guadagnare. Allegri l’aveva e Andrea Agnelli l’ha sottolineata, quella furiosa comune voglia di non mollare mai e mettiamoci pure anche l’arroganza di chi si sente primo della classe, i caratteri primari dell’essere juventino dovranno trovare da oggi una nuova interpretazione, una nuova lettura, forse meno appassionata e più fredda, però al tifoso interessa soltanto vincere e dunque anche i più duri si appassioneranno ad altri, così va il mondo e lo sport ne è lo specchio.

Intanto il tweet di Andrea Agnelli ha ricordato il proclama dell’ex condottiero esiliato ma che ha ancora l’esercito di fedeli dalla sua parte. Dichiarazione di guerra o legittimo desiderio di avocare a sé l’ultima vittoria frutto della sua scelta? John Elkann non pare interessato a scendere nell’agone ma a provare a costruire fin da subito una Juve vincente, anche se sarà dura riportarla ai livelli del cugino. Di sicuro l’ex presidente non sta con le mani in mano, si dice stia ancora lavorando al progetto di Superlega ma il cuore batte sempre a Torino. Parla poco e quando parla non si dimentica mai di chiosare con il motto #finoallafine. Come diceva Franco Califano, non escludo il ritorno, però il cuore del popolo è volubile, se la nuova gestione sarà in grado di vincere riconoscerà a sua volta se non degli eroi almeno gente capace di fare il proprio mestiere. Nel frattempo, questa la parte più difficile, è bene che la Juve impari a godersi le vittorie, niente affatto scontate, e smetterla con l’atteggiamento autolesionista. In tutto questo casino ci siamo dimenticati di ribadire, e lo facciamo ora, che è la Coppa Italia numero 15, un altro trofeo in bacheca, ovvero questa voglia non ci è passata, gli altri facciano attenzione.

 

 

 

 

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