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Marco Pantani, caso riaperto: la chiave del giallo è nella "deplasmazione"

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Tommaso Lorenzini
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Il giallo di una tecnica, la deplasmazione, e il tempo per metterla in pratica; i motivi per far tacere un campione scomodo; l’insistenza di due genitori che vogliono verità. Venticinque anni esatti dopo quel 5 giugno 1999, il giorno in cui Marco Pantani ha iniziato a morire, la Procura di Trento ha riaperto le indagini sul caso del prelievo di sangue che, con l’ematocrito risultato oltre i limiti, escluse il Pirata da un Giro quasi vinto. Il nuovo fascicolo, affidato alla pm della Dda Patrizia Foiera, riguarda l’ipotesi, come è emerso anche dalle numerose audizioni in Commissione Antimafia svolte fino al 2022, di un presunto giro di scommesse clandestine legate alla camorra che puntava ad evitare la vittoria di Marco. Lo rivelò Renato Vallanzasca, epigono della Mala milanese, che venerdì Foiera - al lavoro sul caso da oltre un anno- ha visitato nel carcere di Bollate per sentire come persona informata sui fatti (non prescritti). E presto ci saranno altri interrogatori.


L’indagine è a modello 44,senza titolo di reato e senza indagati. Nel fascicolo è confluita anche una memoria presentata dalla famiglia, come conferma a Libero l’avvocato Fiorenzo Alessi: «Abbiamo fornito alla pm documentazione che lei pensava di avere ma che invece era nuova. C’è stata grande collaborazione anche con la polizia giudiziaria di Trento, che segue le indagini, e con la Procura di Forlì. Il procuratore Sergio Sottani si era dovuto fermare perché il gip nel 2016 non gli aveva concesso lo “strumento captativo” per ulteriori indagini. Noi però non abbiamo mai trascurato Campiglio». E sono tante le cose di quel 5 giugno che non quadrano: l’orario del prelievo (8.50, come emerso al processo di Trento, oppure 7.46, come da documenti Uci?); la modalità del prelievo (con lo zero finale nel numero di serie dell’etichetta della provetta, resa riconoscibile); la presunta deplasmazione con la conseguente alterazione di ematocrito e numero di piastrine; il controllo successivo all’esclusione, dopo il 52 registrato a Campiglio, effettuato da Marco a Imola in un Centro autorizzato dall’Unione ciclistica internazione che risulta 48 (dunque sotto la soglia ammessa di 50).

 

 


«Anche grazie al materiale da noi fornito», continua Alessi, «Trento ha potuto muoversi con maggior precisione. Secondo noi le tempistiche di quel prelievo effettuato dai medici incaricati dall’Uci (Michele Partenope, Eugenio Sala e Mario Spinelli, già più volte sentiti in passato, ndr), non sono finora state investigate a dovere». Dunque le rivelazioni sul giro di scommesse clandestino sono vere? «Può darsi, anche se la Procura di Napoli aveva archiviato alla luce anche di qualche millantatore. C’era altro», esclama Alessi, «in quel periodo c’era caos sulla modalità dei prelievi nel ciclismo e Pantani era una voce molto critica, una delle più ascoltate. Era portavoce del malessere fra i corridori per prelievi ulteriori a quelli Uci voluti dal Coni, una norma fatta, fu detto, “a tutela della salute degli atleti”, ma che in realtà voleva più che altro soddisfare l’opinione pubblica al grido di “stroncheremo il doping”. E Marco, il più noto, fu mandato avanti: forse era quel suo esporsi contro i giochi di palazzo che doveva scontare». Al momento, come detto, non risultano indagati sebbene, conclude Alessi, «nell’ultimo atto, a inizio 2024, abbiamo indicato a Trento alcuni nomi da attenzionare, se finiranno nel registro degli indagati è solo come forma di garanzia. L’apertura del nuovo fascicolo è una vittoria? No, la vittoria è arrivare alla verità».

 

 

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