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Euro 2024, la lezione di Southgate ai "poltronissimi" azzurri: chi si dimette e chi no

Claudio Savelli
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Ci sono ct che non si dimettono nemmeno di fronte a clamorosi fallimenti quali una mancata qualificazione ai Mondiali o un’uscita di scena agli ottavi di un Europeo, e poi c’è Gareth Southgate che toglie il disturbo dopo due finali perse per meriti degli avversari più che per demeriti propri. La Federazione inglese ha chiesto all’ormai ex ct di ripensarci, di restare fino al Mondiale 2026 come previsto dal suo contratto, ma non c’è stato verso. Per Southgate era una questione di responsabilità e rispetto sia nei confronti del datore di lavoro sia di sé stesso. Ha analizzato il suo percorso e si è convinto di aver raggiunto l’apice: con lui, l’Inghilterra è da finale.

Ora serve uno che le faccia fare l’ultimo “step”, come dicono da quelle parti. L’uscita di scena di Southgate è pulita e applaudita anche da chi ha passato gli ultimi otto anni a criticare il ct. La nota dell’ad della FA (Football Association), Mark Bullingham, dimostra come ci fosse stima reciproca tra i dirigenti federali e l’allenatore, cosa apparentemente scontata e invece rarissima dalle nostre parti, e come questa stima abbia permesso a Southgate di lavorare.

 

 

 

RUOLO SIGNIFICATIVO

«A nome del calcio inglese, vorrei rendere omaggio a Gareth e a Steve Holland (assistente dell’ex ct, ndr) per tutto ciò che hanno realizzato - scrive Bullingham -. Negli ultimi otto anni hanno trasformato la squadra maschile dell’Inghilterra» e «il contributo al gioco inglese, incluso un ruolo significativo nello sviluppo dei giocatori e nella trasformazione della cultura, è stato unico».

Queste parole confermano che sotto la superficie di un allenatore che prepara la squadra per l’Europeo e va in panchina durante le partite c’è un mondo. O, almeno, ci dovrebbe essere. Southgate doveva guidare la Nazionale per quattro partite, invece lo ha fatto per 8 anni. Fu promosso dall’Under 21 come ct ad interim, poi con lui la Federazione ha steso il progetto di cui sopra e, in effetti, ha raccolto i frutti. Non è arrivato il trofeo ma l’Inghilterra prima di Southgate era una Nazionale che collezionava flop, uscendo spesso ai gironi. E non aveva a disposizione la montagna di talenti attuale. Questa non è merito del ct ma dei club? In parte, ma non del tutto se è vero che prima l’Inghilterra riconosceva nella Nazionale maggiore un punto di arrivo, non una rampa di lancio. «La squadra che abbiamo portato in Germania è piena di giovani talenti che potranno vincere il trofeo che tutti sogniamo», scrive infatti l’ex ct nella lettera di ringraziamento.

 

 

 

PIÙ PAGATO

Nota a margine, che in realtà è al centro dei discorsi: Southgate era il ct più pagato d’Europa. Aveva un ingaggio “da club” pari a 5,8 milioni netti a stagione. Perfino Nagelsmann, ingaggiato per un impegno lampo (poi rinnovato), guadagnava meno (4,8). Pure Deschamps, in carica da oltre un decennio nella Francia, era sotto (3,8). Southgate di fatto rinuncia a un ingaggio che non vedrà mai più nella vita perché arrivarci da allenatore a quelle cifre significa vincere qualcosa con una grande d’Europa e Gareth non ci è mai nemmeno passato: prima di entrare in federazione ha allenato solo il Middlesbrough. «Ho dato il massimo ma è tempo di cambiare e di un nuovo capitolo», scrive ancora il tecnico 53enne. Quale sia questo capitolo non è dato sapere, altra differenza rispetto alle dimissioni di facciata di quegli allenatori che hanno già altre proposte, vedi Mancini con l’Arabia Saudita.

Quella di Southgate è una lezione che dalle nostre parti dovrebbero ascoltare, appuntare, mettere in pratica. Farsi da parte prima che qualcuno ti cacci è una pratica sconosciuta in Italia. E non parliamo di persone che devono aggrapparsi allo stipendio per arrivare a fine mese ma di multimilionari che potrebbero tranquillamente stare sul divano.

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