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Luciano Spalletti "rinato grazie ai tagli": le epurazioni e un mistero

Claudio Savelli
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Uno dei motivi per cui l’Italia funziona è che c’è un’Italia difettosa che viene lasciata a casa. Luciano Spalletti dopo l’Europeo si è autoimposto la rinuncia decisa e non negoziabile a diversi giocatori che in teoria potrebbero anche tornargli utili ma in pratica romperebbero il giocattolo. Basta compromessi, facendo attenzione a non eccedere in un delirio di onnipotenza come accaduto con Simone Inzaghi, a cui il ct ieri ha telefonato, scusandosi per le dichiarazioni fuori luogo a tema ultras e pace è stata fatta. È stato battezzato un gruppo ristretto di azzurri e si andrà avanti con quello. Difficilmente Spalletti attingerà a chi ne è rimasto fuori, anche se ai microfoni spiega che i vari Chiesa e Locatelli sono ancora nel giro, che con loro il dialogo è aperto e che in ogni momento potrebbero rientrare. È una bugia bianca dato che poi questi stessi giocatori non vengono chiamati.

Non ce ne voglia ma la non-convocazione di Chiesa è il più grande colpo dell’Italia perché è stato risolto alla radice il principale equivoco tattico dell’Italia all’Europeo. In qualsiasi zona del campo lo mettevi, Chiesa portava scompensi. Meglio farne a meno. E se mai dovesse tornare al massimo della forma nel Liverpool, probabilmente rimarrà comunque fuori perché basta un bastone per fermare una ruota che speriamo continui a girare domani sera contro Israele (a Udine, quarta partita del girone di Nations League che può garantirci lo status di testa di serie ai gironi per i Mondiali).

Più misteriosa la reiterata assenza di Locatelli considerando che il gioco di Thiago Motta non è troppo lontano da quello dell’Italia spallettiana. Non può essere l’età, Locatelli ha 26 anni e al Mondiale 2026 sarebbe all’apice della carriera, quindi è una questione di bilanciamento dei leader nella rosa. Il ct non ne vuole troppi per non otturare la crescita dei talenti emergenti, nella fattispecie Ricci per il quale intravede (a ragione) potenzialità sconfinate. Per lo stesso motivo sono spariti dall’azzurro Mancini e Cristante, che peraltro assorbono diversi veleni nella Roma, data la situazione: Pellegrini basta e avanza (Pisilli ne è immune, essendo debuttante). L’unico momento memorabile dell’Europeo porta la firma di Zaccagni, che in estate è diventato numero 10 e capitano della Lazio. Un motivo in più per convocarlo, no? No. Epurato pure lui, un po’ perché come Chiesa è un’ala che creerebbe un equivoco tattico, un po’ per non andare in overdose di capitani nella rosa.

Altro epurato è Jorginho, dopo che sembrava non se ne potesse fare a meno visto il ruolo chiave. Anche questa è una scelta che il ct ha procrastinato e che poi ha finalmente preso. Spalletti ha capito che il commissario tecnico non può far contenti tutti e non deve essere democratico. Deve selezionare. Deve decidere chi portare ma anche e soprattutto chi non portare. Se prima dell’Europeo il mantra era “la Nazionale aperta a tutti”, ora è la Nazionale chiusa a molti. In questo senso vanno lette le convocazioni ristrette a 23 elementi, due per ruolo più i tre portieri, anche per condurre allenamenti senza gente che resta a guardare. Si sta finalmente creando l’Italclub di cui si parla da anni. Una squadra di pochi, ma buoni.

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