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Jannik Sinner, la beffa è clamorosa: Wada pronta a cambiare le regole, ma lui rischia comunque la squalifica

Leonardo Iannacci
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Non è mai troppo tardi. Qualcosa sta cambiando o almeno si spera all’interno della Wada, la discussa organizzazione cui è stato dato il compito di controllare tutti i casi di doping che si verificano nello sport mondiale e che ha rimesso nei guai Jannik Sinner. Wada, lo ricordiamo, ha presentato due mesi fa un discutibile ricorso contro l’assoluzione del numero 1 del tennis mondiale. Ricorso che costringerà il fenomeno di Sesto Pusteria a difendersi davanti al tribunale del Tas di Losanna in un secondo grado di giudizio che si terrà a metà del febbraio 2025. Dopo gli Australian Open che Jannik giocherà con la spada di Damocle della sentenza.

Perché stiamo parlando di possibile cambiamento delle regole? Perché a suggerirlo è stato un personaggio al di sopra di ogni sospetto di partigianeria nei confronti del mitico Jannik, ovvero il direttore generale di Wada, Olivier Niggli. Intervistato dall’Equipe, costui ha ammesso scenari che aprono nuove luci su come la Wada intenderebbe rapportarsi quando si trova davanti quantità irrilevanti di sostanze dopanti dopo un controllo a un atleta. Il problema, ha spiegato Niggli, è che oggi «i nostri laboratori sono decisamente più efficienti e tecnologici rispetto al passato e quindi rilevano anche quantità infinitesimali di sostanza».

E, aggiungiamo noi, fomentano assurdi casi come quello di Sinner, della polacca Iga Swiatek squalificata per un mese, del calciatore dell’Atalanta Palomino (prima condannato e poi assolto) o, nel basket, di Riccardo Moraschini che, invece, per una quantità di Clostebol simile a quella trovata nel corpo di Sinner è stato fermo dodici mesi.

 

PROBLEMA EVIDENTE
Il problema è evidente da giorni, mesi, anni ma è venuto a galla negli ultimi giorni quando la Swiatek è stata trovata positiva per «una concentrazione incredibilmente bassa di trimetazidina», una sostanza vietata che la tennista ha assunto senza saperlo. Evento che ha riaperto il dibattito sulle stringenti e assurde regole antidoping in vigore nel mondo dello sport. La vicenda di Sinner e quella della Swiatek sono un po’ diverse: l’azzurro è entrato in contatto con il Clostebol e in quantità ridocola. Nel campione del 10 marzo scorso, quando vennero esaminare le urine di Sinner, sono stati rilevati metaboliti per 86 pg/mL, una quantità infinitesimale; nel successivo controllo del 18 marzo appena 76 pg/mL.

«Sono così piccole che puoi contaminarti anche facendo cose banali», ha aggiunto Niggli, che ha fatto capire chiaramente che la Wada sarebbe dell’avviso di introdurre soglie di tolleranza all’interno delle quali un atleta trovato positivo per dosi così piccole verrebbe perdonato: «Con soglie prefissate non avremmo visto tutti questi casi che si sono verificati.

Quello che dobbiamo capire è se siamo pronti ad accettare il microdosaggio». Come dire: sinora abbiamo sbagliato clamorosamente. Per questo motivo l’Agenzia antidoping avvierà un tavolo di lavoro per capire se, e in che modo riconsiderare i microdosaggi. Morale: se dopo queste parole Jannik Sinner, sottoposto il prossimo febbraio a un nuovo arbitrato dopo che era stato assolto in primo grado, verrà squalificato anche solo per un’ora, sarebbe la più grave ingiustizia ai danni di un uomo dai tempi di Gesù Cristo sul Golgota.

 

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