Gattuso, Prandelli e gli altri: dopo Spalletti è la Nazionale dei papocchi

di Leonardo Iannaccisabato 14 giugno 2025
Gattuso, Prandelli e gli altri: dopo Spalletti è la Nazionale dei papocchi
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Se la storia insegna qualcosa è che tutto può essere migliorato o, in caso contrario, che non c’è mai fine al peggio. Anche nel calcio, anche in azzurro. Anno 1966, l’Italia viene eliminata dai mondiali di Inghilterra dalla Corea. Tragicomica la sconfitta e conseguente la cacciata del ct Edmondo Fabbri che non si riprenderà più da quel ko. 1974: la nazionale dei “messicani” va in Germania da favorita per vincere la Coppa del Mondo ma viene fatta fuori dalla Polonia, l’aspettano i pomodori al rientro in patria.

Mondiali 2002: l’Italia del Trap subisce un incredibile ko con la SudCorea e Libero titola “Una tragedia ridicola”. 2025: ennesimo azzurro tenebra e cacciata di Spalletti dopo lo 0-3 in Norvegia, con un presidente federale che resta incollato alla poltrona e con una panchina tuttora vuota.

Però: dopo il 1966 l’Italia vinse l’Europeo e arrivò seconda in Messico. Dopo il 1974 iniziò il ciclo bearzottiano che portò a Spagna ’82. Dopo il 2002 arrivò Lippi e la nazionale vinse il Mondiale 2006. E oggi? Le cose non sembrano così ottimistiche, perché la nazionale rischia di saltare il terzo campionato del mondo di fila. Ci sarebbe veramente da ridere e invece no. Che hanno in federazione? Parlano di un “progetto” senza il quale “nulla si potrà fare”. Così il nome di Ringhio Gattuso e quello di Cesare Prandelli sono i preposti a ricoprire, rispettivamente, il ruolo di ct e di responsabile del settore giovanile federale nel nome del succitato “progetto”.

DISAFFEZIONE

La lista di nomi che sono stati fatti dopo l’addio di Spalletti (Ranieri, Pioli, gli altri ragazzi del 2006 Cannavaro e De Rossi, Tedesco) denotano una disaffezione grottesca alla nazionale, pari a quella di alcuni giocatori secondo cui l’andare in azzurro equivale a una punizione.

In tutto questo caos poco calmo, con la nazionale che rischia la terza deprimente esclusione al mondiale dopo le eliminazioni da Russia 2018 e Qatar 2022, è venuto a galla anche un nome noto: quello di Roberto Mancini che si è candidato per tornare, concretizzando la più incredibile delle auto-proclamazioni, simile a quelle di certi dittatori dell’antica Roma: «Sarebbe una bella sfida, non ci sono dubbi. Anche un bel rischio, sì. Ma a volte bisogna prenderselo qualche rischio, no? Sono convinto che ci siano tutti i mezzi necessari per essere al Mondiale fra un anno. Anzi, sono abbastanza sicuro che ci andremo».

Aggiungendo a proposito del divorzio choc avvenuto il 14 agosto di due anni fa, dopo il ko con la Macedonia del Nord, allorché mollò in tronco la nazionale per allenare in Arabia: «Sbagliai ad andarmene. Con Gravina ci siamo già visti, ci siamo parlati, il presidente sa che nella vita si fanno anche errori. Essersi capiti su questo è la cosa più importante. Si torna sempre dove si è stati felici, a Coverciano stavo bene. E vincere con l’Italia non è come vincere con i club».

Come detto, verranno sciolte le ultime riserve di questa che è stata pomposamente denominata “Azzurro per gli azzurri” all’inizio della prossima settimana, a meno che non si rivelino concreti i rumors raccolti ieri sera, che raccontano di una «accelerazione attesa a ore». Il ct sarà Ringhio Gattuso, verranno coinvolti altri ex azzurri (Bonucci, Zambrotta e Perrotta) ma non De Rossi e Cannavaro entrati in conclave papi ma usciti cardinali, e tutti saranno infelici e scontenti. Dimentichi che c’è un primo posto nel girone difficilissimo da raggiungere e un secondo per guadagnarsi almeno i play-out che ci bocciarono - causa Macedonia del Nord - tre anni fa. Prossimi impegni il 5 settembre contro l’Estonia a Bergamo e l’8 in Israele. Sic.

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