Libero logo

Jannik Sinner, perché fa bene a pensare a se stesso

Il ragazzo di San Candido ha vinto con gli azzurri due Davis, e la squadra conta su altri ottimi giocatori È un momento delicato della carriera: la sua cautela non è egoismo ma professionalità
di Fabrizio Biasinmercoledì 22 ottobre 2025
Jannik Sinner, perché fa bene a pensare a se stesso

3' di lettura

Jannik Sinner è un’azienda familiare con un solo amministratore delegato (Jannik Sinner), pochi e selezionatissimi dipendenti (il suo staff), una marea di clienti (i suoi tifosi) e una data di “chiusura-attività” stabilita dell’azienda stessa (la fine della sua carriera). Gestire al meglio gli anni in cui “l’azienda Sinner” produrrà risultati (e quattrini) è responsabilità esclusiva di Jannik Sinner e di nessun altro: né io, né te e nemmeno Fragolina345 su Twitter (ora X).

I suoi tifosi lo vorrebbero costantemente in campo ed è comprensibile, lui, banalmente, deve prendere delle decisioni per far sì che “stare in campo” coincida il più possibile con “vincere”. Di decisioni complicate ’sto ragazzo di 24 anni ne ha già prese un’infinità e si sono rivelate quasi sempre azzeccate, se è vero come è vero che si è issato al numero 1 del tennis mondiale (ora 2), è per distacco il più grande sportivo italiano in attività e lavora per diventare il più grande sportivo italiano di tutti i tempi. Tutto questo è sufficiente per silenziare i detrattori? I brontoloni? Quelli che- per invidia o banalissima voglia di dire qualcosa di molto populista - non vedono l’ora di puntargli il dito contro? Ovviamente no. Periodicamente assistiamo al “dagli al Sinner”, disciplina in cui in Italia siamo maestri e praticamente senza rivali, esattamente come lui quando abbraccia la racchetta. Accade ogniqualvolta ’sto fenomeno è chiamato a prendere una decisione forte, fosse anche rinunciare a una partecipazione al Festival di Sanremo ostoria recente- dire no a una convocazione in Nazionale.

Jannik Sinner ha rinunciato alla Coppa Davis 2025 e c’è chi l’ha presa molto male, gli ha fatto la lezione, gli ha detto «così non si fa, brutto e cattivo». Non è una faccenda inedita, ma ogni volta questa cosa assume contorni sempre più grotteschi se non addirittura imbarazzanti, perché lui dimostra con i fatti di essere lungimirante rispetto a quel che va fatto per garantirsi stagioni all’altezza, mentre chi lo punzecchia si perde in deliri retorici che vengono smentiti dalla banalissima logica (non dice “no” perché ci schifa, dice “no” perché vuole tornare numero 1, ovvero quello che gli chiediamo tutti) e soprattutto dai fatti (tutte le volte che è arrivato l’assalto mediatico si è messo a stravincere più di prima). La morale fatta a un modello di gestione e comportamento come Sinner è francamente ridicola perché, tra l’altro, non contempla più di un aspetto. I compagni di Nazionale, per dire. Pensare che l’Italia sia solo Sinner significa svilire quello che stanno facendo altri azzurri, su tutti Musetti (attuale n° 8 al mondo) e Cobolli (22) che per una volta avranno la possibilità di prendersi i riflettori. In più basterebbe vedere quello che hanno fatto e fanno “i suoi simili”, gli altri fenomeni del tennis presenti e passati, spesso non a disposizione delle rispettive nazionali perché, banalmente, impegnati a programmare le loro “aziende”.

Un tennista non è un calciatore, non ha un club che lo tutela, deve badare a se stesso, deve pagare le spese, deve pensare ad ogni minimo dettaglio e se decide di andare a prendere sei milioni di euro in un torneo-esibizione a Riad non fa bene, fa benissimo, perché è il grano che gli permette di alzare il livello e di avere in squadra i migliori professionisti. Jannik Sinner è una benedizione per lo sport italiano e sarebbe bello che ce ne rendessimo conto tutti quanti. Nel mondo sta creando un’illusione-tricolore fatta di risultati mescolati alle buone maniere che non ci meritiamo («Ah, ma gli italiani sono fatti tutti così bene? ») e per contraccambiare dovremmo dedicargli statue, altroché dedicargli parole intrise di veleno e rimostranze. Ma no, non siamo abbastanza umili per capirlo, e questo è esattamente il motivo per cui noi andremo avanti a rompergli le balle (salvo poi salire sul carro al primo torneo vinto, ça va sans dire...) e lui continuerà a far impazzire i detrattori grazie alla micidiale arma segreta, che solo i giganti sanno sfruttare: il silenzio.