C’era una volta il campionato dei record, delle Juventus da 102 punti o dei Napoli o Inter da fuga solitaria. Dimentichiamocelo, non è più cosa. Benvenuti nella serie A del “chi va piano, va sano e lontano”, della decrescita di punti che piace a tutti, anche se nessuno lo ammette. Con quattro sconfitte a Natale un tempo eri praticamente spacciato: oggi sei la capolista. Ma attenzione a definire tutto questo con il cliché del livellamento verso il basso: siamo di fronte a una mutazione genetica del torneo. Due indizi fanno una prova: lo scorso campionato era il primo con la riforma delle coppe europee, questo è il secondo. Ed entrambi sono attestati sulla quota 82-84 punti per lo scudetto. L’Inter viaggia a 2,2 punti a partita: proiettato sulle 38 giornate significa 83,6 punti. Siamo in linea con gli 82 che hanno permesso al Napoli di cucirsi lo scudetto sul petto, soglia più bassa di sempre nell’era dei tre punti a venti squadre.
Non è un accidente statistico, ma la conseguenza diretta e strutturale dei nuovi formati Uefa, che hanno trasformato l’Europa e la Champions in campionati, e non più in coppe. L’allargamento delle due maggiori competizioni europee con quelle due (o quattro, se si deve passare dai playoff) partite in più, ha inevitabilmente portato una tassa che le grandi pagano in campionato. Quelle gare extra, giocate a ritmi più alti rispetto a quelle interne, portano logoramento fisico e mentale, impongono rotazioni, passi falsi, pareggi sporchi o sconfitte di inerzia. E mangiano in modo - si può dire - scientifico dai 4 ai 6 punti a stagione delle prime della classe. Così alla soglia dei 90 punti si può serenamente dire addio e tarare le calcolatrici sulla nuova quota scudetto.
Champions League, il poker è servito: cosa può accadere
Arrivederci a gennaio con questa bella e dannata Champions League che fa impazzire le calcolatrici. A 16 punti non c'...Nel 2018/19 la Juve girava alla 15esima giornata con la cifra monstre di 43 punti. Il Napoli di Spalletti nel 2022/23 a 41 punti, l’Inter della seconda stella a 38, ma sembrano lontanissimi ricordi. La scorsa stagione, terminata con uno scudetto a bassa quota, vedeva l’Atalanta in testa con appena 34 punti (la Fiorentina li avrebbe raggiunti virtualmente recuperando contro l’Inter mesi dopo). Oggi l’asticella si è abbassata ulteriormente di un punto. È evidente che la causa è il cambio di formato europeo, perché anche la Premier, campionato di riferimento per la competitività diffusa, mostra segni di rallentamento: l’Arsenal, infatti, è primo con 36 punti ma con una gara in più rispetto alla serie A.
Questa lentezza fa contenti tutti: l’Inter che può permettersi di perdere gli scontri con le due dirette rivali ed essere comunque prima; il Napoli che, nonostante il doppio impegno, è lì; il Milan di un amante della calcolatrice come Allegri; la Roma che può coltivare sogni più grandi del suo reale valore. È davvero il campionato di tutti perché la vetta solitaria è già stata occupata da quattro squadre in solitaria (Napoli, Roma, Milan e Inter), e nessuna di loro ha mantenuto il comando per due turni consecutivi. Arrendiamoci a un campionato dove non vince chi corre più forte, ma chi resiste meglio all’usura.




