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Immigrazione, Pd a pezzi: la rivolta "libica" della fronda guidata da Laura Boldrini, il fronte pro-Ong contro Enrico Letta

di Antonio Rapisarda venerdì 16 luglio 2021

 Laura Boldrini

3' di lettura

E così la crisi di nervi a sinistra - fra il nodo giustizia e l'odissea del ddl Zan - è esplosa plasticamente sul rifinanziamento delle missioni all'estero. O meglio, sulla Libia: dossier che vede il Paese del Nord Africa al centro non solo di un annoso problema legato ai flussi incontrollati di clandestini ma, da ieri, anche di una drammatica spaccatura tutta interna ai tipi del Pd e dei suoi satelliti più immigrazionisti. L'autorizzazione sul decreto missioni - come da previsione - è stata approvata a larga maggioranza (i «sì» alla Camera sono stati 438,2 contrari e 2 astenuti),grazie ai voti di M5S, Lega, Forza Italia, Pd e anche di FdI (per la prima volta dall'arrivo del governo Draghi). Un risultato salutato con grande soddisfazione dal ministro della Difesa Guerini: «Un consenso così ampio e trasversale significa che c'è condivisione di fondo sulla strategia del governo sulla tutela degli interessi nazionali di sicurezza».

A rovinare il clima di concordia sono stati i trenta esponenti filo-Ong - fra cui alcuni dem, ex 5 Stelle, di LeU e +Europa - che con una risoluzione hanno chiesto la sospensione. Sotto accusa non solo i fondi destinati alla Guardia costiera libica ma proprio la mediazione portata avanti dal leader del Pd Enrico Letta (sotto forma di emendamento) sul «superamento» di questa missione. Durissime le parole della pattuglia contro la loro stessa maggioranza: «Continuare a sostenere direttamente e indirettamente la deportazione di uomini donne e bambini nei centri di detenzione in Libia configura una violazione delle Convenzioni internazionali». Parola di una minoranza certo - la mozione, primo firmatario l'esponente di Sinistra italiana Erasmo Palazzotto, è stata bocciata - ma rappresentativa: dato che troviamo pezzi da novanta come Pier Luigi Bersani, Laura Boldrini, Stefano Fassina, Riccardo Magi, Matteo Orfini, Giorgio Trizzino e Barbara Pollastrini. Per i parlamentari dissidenti «non è sufficiente spostare la catena d icomando»: di qui il voto contrario al rifinanziamento della missione, convinti che sia un dovere «opporsi ad una così grave violazione dei diritti umani che avviene a poche miglia dalle nostre coste».

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Una stoccata a tutti gli effetti alla linea ufficiale del Pd («Le proposte di Letta sono inaccettabili», tuonavano alla vigilia i malpancisti interni) che ha chiesto invece che sia l'Ue a farsi carico, tramite la missione Irini, del salvataggio dei migranti. Su questo punto Letta & co hanno portato avanti un braccio di ferro con l'esecutivo, insistendo sulla necessità di superare l'anno prossimo l'impegno italiano sulla cooperazione con la criticatissima Guardia costiera libica. Il Pd alla fine l'ha spuntata (la relazione è stata approvata dalle commissioni Esteri e Difesa proprio dopo l'ok dei dem) ma una parte dei gruppi è rimasta sconcertata: «Perché concedere un altro anno per torturare?», si è chiesto l'ex presidente dem Orfini.

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I dubbi, seppur in maniera più felpata, coinvolgono pure i renziani. «Non parteciperemo al voto sulla scheda 48», sulla Libia, perché «è indispensabile esercitare la massima pressione per prevenire le inaccettabili e sistematiche violazioni dei diritti umani», ha chiarito Giuseppina Occhinero. In ogni caso Iv ha poi votato a favore della risoluzio ne. Canta vittoria, comunque, il partito di Letta. «Da questo momento il governo avvierà le verifiche volte a superare entro l'anno la missione della Guardia di finanza e lavorerà contestualmente per rafforzare la missione europea Irini», ha affermato Lia Quartapelle che non risparmia una stoccata ai suoi: «Spiace che chi ancora una volta ha espresso un voto contrario non abbia voluto cogliere l'evoluzione positiva portata dal Pd».

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Per il sottosegretario Giorgio Mulè, però, «dal punto di vista pratico non cambia nulla». Per l'esponente azzurro il fatto di valutare il prossimo anno «se vi siano le condizioni per trasferire la formazione della Guardia costiera in capo a Irini» non muta sostanza: «L'Italia non fa nessun passo indietro sulla missione, né ipoteca il futuro. Da nessuna parte il Parlamento ha stabilito che ci sarà il passo indietro il prossimo anno. Anzi, viene ribadito che l'impegno ci sarà». La conclusione, a differenza dei colleghi del Pd, è all'insegna del realismo: «Auspichiamo che l'Ue abbia un ruolo più centrale in un processo di cambiamento che speriamo sia il più veloce possibile, ma se guardiamo il momento che viviamo è molto difficile che accada». 

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