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Ong, "fermata la nave di Casarini". E lui dichiara guerra alla Meloni

Alessandro Gonzato
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Il prefetto di Lampedusa, Filippo Romano, non ci ha girato attorno: «L’isola non è in grado di ricevere altri profughi». Si è rivolto alle Ong: «Devono comprendere che non farle attraccare non significa volerle danneggiare o creare problemi. F. r Portare qui ancora persone vuol dire offrire un trattamento non adeguato». Il prefetto, così, ha risposto alle polemiche, dopo che alla nave della Ong Ocean Viking è stato assegnato il porto di Genova e non quello di Lampedusa per lo sbarco di 438 stranieri, parte dei quali destinati a Vibo Valentina, in Calabria. Ieri da Lampedusa la nave Dattilo della Marina militare ha trasferito nel porto commerciale di Augusta, nel Siracusano, 430 migranti: verranno smistati in varie strutture.

 

 

 

L’ACCOGLIENZA

Venerdì a Lampedusa sono arrivati 1.918 extracomunitari. Ieri solo in mezza giornata oltre 1.100. Il centro d’accoglienza trabocca: dentro ci sono più di 4mila persone a fronte di una capienza massima di 1.200, ma che in situazioni normali sarebbe di 800. In serata all’Adnkronos il prefetto ha aggiunto: «Insistere con gli arrivi in questo momento è poco umanitario. Se non per estrema necessità le Ong non devono più attraccare a Lampedusa, ci sono già gli sbarchi autonomi. Si è creata una vera e proprio industria del traghettamento dall’Africa alla Sicilia, dell’immigrazione non autorizzata». Il prefetto ha sottolineato che tocca comunque al governo decidere.

Il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino (ex 5Stelle), ha attaccato: «Il governo deve riflettere seriamente su quello che sta succedendo. Non ho capito qual è la strategia del ministero dell’Interno per fronteggiare gli sbarchi e per aiutare l’isola. A gennaio», ha continuato il sindaco, «ci era stata garantita una nave che avrebbe dovuto fare la spola con la terraferma. A oggi questa nave non è in servizio e io non posso accettare che lo Stato non sia in grado di trovare una nave da destinare allo scopo». Il sindaco delle Pelagie ha concluso: «Chiedo immediate risposte alle questioni poste nella dichiarazione dello stato d’emergenza per immigrazione. Il governo non può più perdere tempo». È duro anche il vicesindaco di Lampedusa, Attilio Lucia: «Sono sempre stato in prima linea per battagliare contro il business dell’immigrazione. Io sono un esponente della Lega, e sono anche amico del ministro Salvini, ma oggi la situazione è diventata vergognosa: questo governo, a oggi, non ha preso una posizione».

Intanto, dopo l’ispezione della Capitaneria di porto di Trapani, la nave Mare Jonio, della Ong Mediterranea Saving Humans - capo missione il leader dei centri sociali Luca Casarini - non potrà lasciare il porto della città sicula: «Non sussistono le condizioni per il rinnovo/rilascio del certificato d’idoneità», questa la motivazione. Per la commissione che ha esaminato lo scafo la maggioranza delle «irregolarità» è legata alla richiesta di registrare l’idoneità per il servizio di «salvataggio».

La Ong protesta: «Da una parte si riconosce che la nave è ben equipaggiata per le attività di ricerca e soccorso, dall’altra che la nave non è certificata secondo il Codice internazionale “Sps 2008”, che prevede per le unità costruite da maggio 2008 in poi di stazza superiore alle 500 tonnellate particolari criteri costruttivi, la loro compartimentazione e i calcoli di stabilità, strutturalmente inapplicabili a un rimorchiatore costruito nel ’72 come la Mare Jonio». Le caratteristiche tecniche della nave non sono conformi alle circolari 166 del 2021 e 167 del 2022, governo Draghi. La Ong lamenta che «sotto qualsiasi altra bandiera europea potrebbe operare liberamente», e che «questo è un altro capitolo che si aggiunge alla guerra dei governi italiani contro il soccorso in mare, che ha visto una recrudescenza col fermo amministrativo di Aurora Sea Watch, Open Arms e Sea Eye, colpevoli di aver salvato vite umane in supposta violazione delle inumane regole del Decreto Piantedosi».

 

 

 

LA SFIDA

Poi l’annuncio: «Non ci arrendiamo affatto, siamo al lavoro per il superamento delle “irregolarità” minori che ci sono state contestate, in modo da ottenere al più presto le certificazioni che ci consentano di tornare a navigare lungo le rotte del Mediterraneo centrale». Già nel 2019 Mare Jonio aveva sfidato l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. La nave aveva fatto costantemente la spola tra le coste libiche e i porti siciliani. Le autorità italiane l’avevano sequestrata. Erano emerse intercettazioni in cui durante il recupero di alcuni migranti, intrecciato con incontri con armatori danesi, si parlava di brindisi a base di champagne. Questioni di soldi, pareva.

Era partita un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dopo due anni l’archiviazione. Casarini, capomissione della Mare Jonio, ha 53 anni, molti dei quali trascorsi tra disobbedienza, casini al G8 di Genova e vani tentativi di trovare poltrone a Roma e Bruxelles coi partiti di sinistra. Lampedusa scoppia di immigrati e la sua Mare Jonio vuole ricominciare a sbarcarli sull’isola.

 

 

 

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