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Il Tar zittisce le Ong: opposizione al governo infondata

Tommaso Montesano
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Premessa: il ricorso è «irricevibile», come ama dire chi bazzica le aule dei tribunali. Ma anche se non lo fosse - ed è questa la parte più indigesta per chi quel ricorso l’ha presentato, ovvero la ong Emergency - sarebbe stato comunque bollato come «infondato nel merito». Ecco perché è doppio lo schiaffo assestato dalla terza sezione del Tar del Lazio alla onlus fondata da Gino Strada, che ad aprile si era rivolta ai giudici amministrativi per chiedere l’annullamento del provvedimento con il quale, lo scorso 7 marzo, le autorità italiane (ministeri delle Infrastrutture e dell’Interno, Capitanerie di porto) avevano indicato il porto di Brindisi come «luogo di sbarco» per i 105 migranti a bordo della nave Life Support, battente bandiera panamense e noleggiata dalla società benefit milanese Prua Rossa srl.

 

 

 

Antefatto: il 28 febbraio scorso la Life Support prende il largo dal porto di Augusta, in Sicilia, per la sua terza missione nel Mediterraneo. Nella notte tra il 6 e il 7 marzo, nelle acque internazionali di fronte alla Libia, l’imbarcazione di Emergency - dopo una segnalazione di Alarm Phone - soccorre un gommone di 12 metri con 105 naufraghi a bordo. Lo stesso 7 marzo il comando generale delle Capitanerie di porto assegna come Place of safety - Pos, punto di sbarco - il porto di Brindisi. Destinazione, a detta della Ong, «disagevole da raggiungere e contrastante con la normativa internazionale di riferimento». Da qui il ricorso al Tar, che però con l’ordinanza del 14 luglio ha dato torto a Emergency.

La sconfitta è totale. Intanto perché i giudici amministrativi della Capitale considerano legittimo il rifiuto delle autorità italiane- Capitanerie di porto, Viminale e ministero delle Infrastrutture - di opporre il rifiuto alla richiesta di accesso agli atti da parte di Emergency. La ong aveva chiesto di «prendere visione ed estrarre copia integrale» di tutti i documenti alla base della scelta di Brindisi come Pos.

 

 

 

Ma questa è la parte più tecnica, procedurale, dell’ordinanza. Il cuore del provvedimento del Tar- dodici pagine redatte dal presidente Giuseppe Sapone e dai giudici Massimiliano Scalise e Chiara Cavallari - è quella nella quale il collegio comunque entra nel merito del ricorso di Emergency. Il messaggio è chiaro: la scelta di Brindisi è insindacabile. E il problema di rendere pubblici gli atti che fanno da sfondo all’«individuazione e assegnazione» del porto di Brindisi come luogo di destinazione non si pone nemmeno. Perché le «valutazioni» del ministero dell’Interno devono essere considerate alla luce dell’«unitaria attività di pattugliamento e soccorso in mare». E la scelta del “porto sicuro” risente delle «delicate implicazioni di carattere militare, di polizia, di ordine pubblico interno e di politica migratoria» che non sono evidentemente “disponibili”. In gioco, scrivono i giudici, ci sono «posizioni, oltre che interessi, di politica estera del governo», nonché «scelte e azioni di carattere politico, al cospetto delle quali il diritto di conoscere ai arresta». Il dispositivo è impietoso: ricorso di Emergency «respinto, in quanto improcedibile e comunque infondato». E a corredo in capo ai ricorrenti c’è anche il pagamento delle spese legali. 

 

 

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