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Ong, saldano il conto i contribuenti: ci tocca pagare per la Iuventa

Salvatore Dama
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Un procedimento che, dopo più di sei anni, non è ancora arrivato alla fase dibattimentale. Una nave posta sotto sequestro che, in attesa dei tempi biblici della giustizia italiana, è marcita alle intemperie. Niente di nuovo, insomma. Se non fosse che la barca in questione è di una ong. La Iuventa. Che ora vuole il risarcimento dei danni. E non è la sola. Dodici ong presentano una denuncia al Tribunale di Trapani per chiedere un’indagine sui responsabili della distruzione della nave di soccorso Iuventa. «La flotta civile», afferma la stessa organizzazione umanitaria, «si unisce all’equipaggio nel presentare una denuncia penale per chiamare a rispondere i responsabili della distruzione della nave di soccorso sotto custodia italiana». I quattro membri dell’equipaggio, da anni sotto processo a Trapani con l’accusa di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina» avevano già presentato una denuncia nel marzo 2023 chiedendo un'indagine sulla distruzione della loro nave di soccorso. Senza esito. Ora altre 12 ong hanno presentato le proprie denunce in merito, «in modo che la procura della Repubblica competente di Trapani non possa ignorarlo ulteriormente».

La Iuventa è stata sequestrata dalle autorità italiane nell’agosto 2017. Da un sopralluogo effettuato nell'ottobre 2022 è emerso che la nave versa in condizioni disastrose, frutto di anni di abbandono e manutenzione trascurata mentre era sotto la custodia dell’autorità portuale di Trapani. La completa mancanza di vigilanza ha portato al saccheggio e alla distruzione. Nel dicembre 2022 è stato riconosciuto dal tribunale di Trapani che ha disposto il ripristino della nave nelle condizioni precedenti alla confisca. La violazione dell’obbligo di custodia è stata quindi di fatto riconosciuta, «ma senza che nessuno fosse ritenuto responsabile». In campo, in questa azione giudiziaria, Sea Watch, Borderline-Europe, Sos Humanity, Mediterranea, Louise Michel, United4Rescue, Mission Lifeline, Mare-GO, Sea Punks, Alarm Phone, R42-sailtraining UG e ResQ.

 

 

Dice Dariush Beigui di Iuventa-Crew: «Riterremo responsabili coloro che distruggono le risorse di soccorso che sono urgentemente necessarie ai confini dell’Europa, impedendo il salvataggio di migliaia di vite. Questo è l’obiettivo della nostra azione congiunta, in cui siamo uniti come attori della società civile». Il sequestro della Iuventa «ha segnato il culmine orchestrato di una delle più grandi e complete indagini sulle ong Sar. Sebbene sia stata presentata come una misura preventiva per fermare ulteriori crimini, nessuno dei presunti reati ha potuto essere comprovato fino ad oggi». Nel processo penale in corso, ancora in fase pre-processuale dopo 7 anni, «la difesa smonta ogni accusa come falsa e infondata». Afferma Sascha Girke, membro dell’equipaggio: «Il sequestro della nostra nave non ha avuto lo scopo di prevenire alcun reato penale. L’obiettivo era quello di limitare i diritti umani fondamentali, come il diritto alla vita e all'integrità fisica delle persone in movimento. Il successivo abbandono e distruzione della nave di soccorso conferma la volontà delle autorità italiane di minare la capacità di soccorso della flotta civile». Dall’inizio del 2023, dodici navi sono state sequestrate in Italia e nello stesso periodo, è l'accusa, «più di 2.300 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Misure come il sequestro e la detenzione fanno parte di una pratica sistematica in Italia per ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso dei civili. Questo è progredito dopo il sequestro della Iuventa ed è stato intensificato dal decreto Piantedosi. Qualsiasi attacco a una nave di soccorso ha un impatto sull’intera flotta civile e, in ultima analisi, sulla vita e sulla sicurezza delle persone in movimento».

 

 

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