Cerca
Cerca
+

Immigrazione, i tour operator degli sbarchi: pacchetti viaggio sui social

Claudia Osmetti
  • a
  • a
  • a

Da una parte i numeri e dall’altra le storie. Da un lato le statistiche e dall’altro gli uomini come Vincenzo Nicolì, che è il direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine, la Polizia di Stato, ed è anche uno abituato a non fermarsi alle mere cifre. Che fotografano, sì, la situazione: per carità, servono pure quelle (serve sapere, per esempio, che a fronte di 28.983 provvedimenti di allontanamento dall’Italia adottati nel 2023 nei confronti di altrettanti cittadini stranieri, sono stati effettivamente rimpatriati in 4.368, sette per motivi di sicurezza anche legati al terrorismo; e serve conoscere che i migranti irregolari, giunti l’anno scorso attraverso il Mediterraneo, sono stati 157.651 e l’hanno fatto in 3.592 sbarchi, con un incremento in dodici mesi del 49,96%; o ancora, è un bene informarsi sui 986 richiedenti asilo arrivati qui e, attraverso il “voluntary relocation”, delocalizzati in altri Paesi europei, la stragrande maggioranza dei quali, cioè 886, in Germania). Ma poi l’immigrazione, e soprattutto quella irregolare, è fatta di viaggi della speranza e barche della fortuna e racket e gruppi criminali che non sono più quelli di una volta: adesso c’è pure chi si fa pubblicità sui social media.

«Sul mercato si sono affacciati soggetti singoli» spiega Nicolì, che ha cominciato a occuparsi di questi temi nel 2005, «non hanno nulla a che fare coi grandi gruppi criminali. L’avvento di internet ha fatto sì che si siano diffuse a dismisura pagine che propongono il viaggio dalla Tunisia o dalla Libia così come avverrebbe per un normale traghetto da diporto».

 

 

Forse non proprio un fai-da-te (anche se quello c’entra, e tra poco ci arriviamo), ma una sorta di “tour operator” delle traversate sì. Con tanto di video, cartelli promozionali, informazioni precise e tariffari ben esposti: ché la prima regola di un buon business è essere chiari coi clienti, “per qualsiasi informazione contattare...” e segue l’immancabile numero Whatsapp. «Ci sono pagine che fanno vedere l’imbarcazione, il più delle volte corrisponde effettivamente a quella che sarà utilizzata: magari è di proprietà di un ex pescatore oppure è stata rubata in qualche porto. Altre mostrano il bagno, lo scafo ormeggiato, i “confort” della barca, il motore nuovo». Lo Sco, solo nei dodici mesi del 2023, di account del genere sui social, e principalmente si tratta di Facebook, ne ha oscurati oltre 440. Uno sproposito. «Oramai non è tutto un mano solo a una certa mafia che si occupa del traffico di migranti, c’è una parcellazione importantissima che crea, ovviamente, una difficoltà maggiore nell’azione di contrasto».

Perché Nicolì e i suoi son gente che non sta ferma mai. Un po’ come tutta la Polizia di Stato (che tra l’altro oggi festeggia i 172 anni del Corpo): «Noi contrastiamo con la stessa intensità sia le organizzazioni criminali strutturate sia i fenomeni criminali su strada che danno fastidio ai cittadini perché l’azione di contrasto deve guardare alle cose strategiche, ma anche a quello che avviene sotto casa delle nostre nonne e delle nostre zie», è il motto di Nicolì.

 

 

Motto che sul fronte dell’immigrazione si traduce in una lotta concentrata «alla figura degli organizzatori dei traffici, più che sui singoli scafisti, il che significa dare alle forze di polizia europee e a quelle nordafricane, con cui da qualche mese c’è un rapporto di collaborazione investigativa molto efficace, la possibilità di individuare nei loro Paesi i soggetti» responsabili e in «una serie di attività che riguardano anche i contesti in cui i migranti irregolari vengono sfruttati». C’è chi, «lo abbiamo rilevato come novità nel 2023», costruisce barche fai-da-te (c’entrava, l’avevamo anticipato) «con pezzi di lamiere saldate, materiale ritrovato sulla spiaggia e motori improvvisati», e c’è anche chi, sono molto meno, ma parliamo comunque di decine di persone, «sbarca con l’aero aggirando il regime dei visti con una triangolazione tra gli Stati africani e quelli asiatici, passando magari da Dubai».

Cambia, l’immigrazione. Per partire da un Paese sub-sahariano i prezzi richiesti possono oscillare tra i 5mila e i 15mila dollari a persona: «Chi può permettersi di spendere di più accede anche a un trattamento migliore, in alcuni casi sono interi villaggi che pensano e attuano un investimento di carattere complessivo su un loro abitante».

E non esiste solo il Mediterraneo, pure la rotta balcanica, l’Italia orientale, è alle prese con un problema importante anche se meno visibile.
Vero, però: rispetto a un anno fa, ora, gli arrivi si sono ridotti circa del 50%. Non c’è una ragione sola, ma «io credo», conclude Nicolì, «che sia frutto di numerose attività operative poste in essere dalla polizia tunisina e da quella libica con cui noi abbiamo rapporti diretti. Presso di noi allo Sco sono stati per circa quattro mesi due investigatori tunisini che ci hanno dato tantissime informazioni e a cui noi ne abbiamo date altrettante». 

Dai blog