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Immigrazione, Roma guida il fronte dei 27 Paesi per evitare lo stop dei giudici Ue

di Tommaso Montesanogiovedì 11 dicembre 2025
Immigrazione, Roma guida il fronte dei 27 Paesi per evitare lo stop dei giudici Ue

3' di lettura

L’Italia apre un’altra breccia nel muro delle politiche migratorie. Dopo l’accordo raggiunto lunedì al Consiglio affari interni dell’Unione europea - nel quale i ministri dei 27 hanno dato il via libera alla riforma del concetto di Paese sicuro e alle nuove procedure di rimpatrio - ieri la spinta per un «modello di accordo» alternativo sull’immigrazione è arrivata anche dal Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale- estranea all’Ue- cui spetta la tutela dei diritti umani attraverso la supervisione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu).

Il segretario generale del Consiglio, lo svizzero Alain Berset, all’esito della riunione degli Stati membri (46 componenti) a Strasburgo, dove ha sede l’organizzazione, ha infatti dichiarato che è tempo di «elaborare un modello di accordo, conforme al diritto internazionale, per il rimpatrio dei richiedenti asilo respinti o privi del diritto di soggiorno e per l’esternalizzazione della gestione migratoria» (i famosi hub attivati in collaborazione con i Paesi terzi, cavallo di battaglia italiano).

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LA PRESSIONE DIPLOMATICA
Un passo indietro: a maggio un gruppo di nove Paesi, guidati da Italia e Danimarca, avevano sottoscritto una lettera nella quale affermavano di ritenere necessario, in materia di immigrazione, «esaminare il modo in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sviluppato la sua interpretazione della Convenzione europea». In calce all’iniziativa di Roma e Copenaghen, governi di sponde politiche opposte uniti però dal medesimo obiettivo sul dossier, erano poi sopraggiunte le adesioni di Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia.

Adesso, dopo mesi di polemiche e negoziati, è arrivato il primo passo formale per una ridefinizione del modo in cui la massima corte europea per i diritti umani interpreta le leggi sull’immigrazione. Interpretazione, secondo i singoli Stati, troppo spesso lesiva delle prerogative dei governi in tema di sicurezza nazionale. Martedì mattina, in un editoriale congiunto sul Guardian dal titolo inequivocabile («Dobbiamo proteggere i nostri confini e difendere le nostre democrazie»), la stessa Frederiksen e il primo ministro britannico, il laburista Keir Starmer, avevano lanciato un appello per norme della Corte adeguate ai tempi: «L’attuale quadro normativo in materia di asilo è stato creato per un’altra era».

Da qui l’adozione, ieri, di una dichiarazione congiunta da parte di 27 ministri della Giustizia- la maggioranza degli Stati membri - per chiedere una risposta più incisiva su traffico di esseri umani, sicurezza delle frontiere ed espulsione degli irregolari. I Guardasigilli, in pratica, vogliono impedire che quanto espulso dalla porta in sede politica rientri dalla finestra della Corte a suon di interpretazioni “creative” sui diritti umani nei casi di migrazione. Il risultato della pressione politica è l’impegno, assunto dallo stesso Berset, di incaricare il comitato dei 46 ministri degli Esteri del Consiglio di redigere una dichiarazione politica da adottare nella prossima sessione formale a Chisinau, in Moldova, il 15 maggio 2026.

Testo che terrà conto, riferiscono fonti di Strasburgo, «della responsabilità fondamentale dei governi di garantire gli interessi vitali nazionali, quali la sicurezza e l’ordine pubblico». Uno sbocco delineato anche dalle parole, giocoforza diplomatiche, di Berset laddove il segretario generale del Consiglio d’Europa ammette che il sostegno della Convenzione europea dei diritti dell’uomo vada però bilanciato dalla necessità di affrontare «le sfide migratorie in tutto il continente».

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LE REAZIONI ITALIANE
Il governo italiano incassa, così, un’altra vittoria negoziale sull’immigrazione. «Il diritto di vivere in pace e in sicurezza sono valori che i nostri Stati sono chiamati e proteggere», dice il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel suo intervento alla conferenza ministeriale di Strasburgo. La premier Giorgia Meloni, invece, interviene alla Conferenza dell’alleanza globale contro il traffico dei migranti. All’eco dell’accordo raggiunto lunedì al Consiglio affari interni dell’Ue si uniscono adesso le conclusioni di Strasburgo: «L’Italia ha lavorato alla proposta di soluzioni innovative che ora sono viste con crescente interesse e stanno diventando prassi comuni». L’aggiornamento dell’applicazione della Convenzione europea, aggiunge in serata la presidente del Consiglio, «ci consentirà di garantire che la sicurezza dei nostri cittadini, che è una priorità assoluta per i nostri governi, sia adeguatamente tutelata e non sia subordinata a interpretazioni della legge che potrebbero finire per premiare individui che hanno commesso gravi violazioni».

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