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La Buona Scuola, Renzi maestrino con gesso e lavagna per spiegare la riforma

Un video da maestrino con tanto di gesso e lavagna per rispondere a professori, sindacati e studenti che lo hanno bocciato sulla riforma della scuola. Il premier Matteo Renzi risponde alle critiche con un video pubblicato su Youtube in cui spiega punto per punto #LaBuonaScuola. In difficoltà sia sui contenuti sia sul metodo (non a caso il governo ha annunciato l'intenzione di non porre la fiducia sul decreto, proseguendo sulla strada del confronto), Renzi scende sul campo a lui più congeniale, quello della comunicazione. Strategia corretta ma forse non sufficiente a mascherare l'impasse sempre più evidente. Se sulla legge elettorale il braccio di ferro è stato vinto non senza morti nel proprio campo (il Pd, sempre più spaccato), sulla scuola il premier si gioca il sostegno non tanto del Parlamento quanto del suo elettorato di riferimento, quello di sinistra: è saggio calpestare statali, insegnanti e Cgil proprio alla vigilia di elezioni regionali che somigliano pericolosamente a un referendum su Palazzo Chigi? No, non è affatto saggio. E Renzi lo sa benissimo e per questo accetta di sporcarsi le mani (col gesso, appunto): più che buona scuola, buon viso a cattivo gioco.  "La riforma in 5 punti" - "Discutiamo", è l'esordio non a caso del premier nel video. Il voto finale sul dl Scuola slitta di un giorno, non più martedì 19 ma mercoledì 20 maggio all'ora di pranzo. Un giorno guadagnato per trattare su quelli che Rendi presenta come i "5 punti" chiave della sua riforma. "Il primo punto è la cosa più urgente, non la più importante, l'alternanza scuola-lavoro. L'obiettivo - spiega - è di ridurre il 44% di disoccupazione giovanile". "Il secondo punto è la cultura umanista, nella buona scuola chiediamo di studiare di più alcune materie, di fare un investimento più forte non solo sugli skills professionali, sui curricula, di educare un cittadino". Il punto tre Renzi lo sintetizza con "più soldi agli insegnanti. Un dato oggettivo: oggi gli insegnanti hanno perso parte dell'autorevolezza sociale che avevano negli altri anni". Il premier poi racconta una sua esperienza: "La mia maestra Eda entrava nel bar ed era autorevole", mentre "oggi il prestigio sociale è venuto meno, colpa anche di noi nuovi genitori". Quindi, "intervenire per dare più soldi agli insegnanti non per autorevolezza sociale ma perché è un fatto di giustizia: 500 euro annuali a tutti insegnanti". Renzi poi parla dei 200 milioni per la valutazione degli insegnanti: "E' una cosa che ha fatto arrabbiare in tanti, ma non può valere il principio nessuno mi può giudicare. Capisco le opinioni variegate, chi dice che diamo troppi poteri al preside, ma c'è un nucleo di valutazione che deciderà e il principio è dare soldi a chi li merita". Al quarto punto Renzi mette "l'autonomia, una parole che risale ai tempi di Berlinguer. Che vuol dire? Togliere potere alle circolari ministeriali che in uno stretto burocratese decidono il futuro dei ragazzi. Macchè svendere ai privati? Non cambia niente per il Consiglio di istituto. Presidi sceriffi? Il preside ha responsabilità in più ma non farà mai lo sceriffo".L'ultimo punto, in cui "si va sul delicato" è "la continuità - conclude Renzi -. Solo quest'anno si assumono più di 100mila persone che avevano diritto, lo Stato non aveva mantenuto la parola. Assumendo più persone la scuola funzionerà con stabilità educativa".

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