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Mario Draghi caduto? Progressisti isterici: chi non voleva andare al voto

Non aspettavano altro. Sembrava che stessero lì in attesa per gridare alla minaccia populista e al mostro fascista. Appena caduto il governo Draghi la stampa progressista si è scatenata per mettere in guardia i cittadini dall’allarme democratico. Due giorni fa Repubblica titolava “L’Italia tradita” (tradita da chi, poi, non è chiaro) e il direttore Maurizio Molinari parlava di “tradimento dell’interesse collettivo del Paese”; La Stampa addirittura titolava “Vergogna”, e la vergogna, va da sé, era quella populista. Né poteva mancare il monito sull’incombere del fascismo. E allora ecco che Stefano Feltri, direttore del Domani, ricordava che “Fratelli d’Italia contiene il peggio del peggio, tra cui orgogliosi nazisti”, mentre lo scrittore Antonio Scurati notava come “l’idea che alle soglie del centenario della marcia su Roma al governo vadano gli eredi di quella storia mi sembra agghiacciante”. Eppure, mai come in questo caso, c’è stato il normale esercizio della democrazia parlamentare, miglior argine contro l’affermazione dell’uomo forte. Non ci sono state rivolte di piazza, sedizioni sulla rete, golpe di Palazzo. Tutto è avvenuto secondo le regole della democrazia. E un trionfo della democrazia sarà anche il ritorno al voto a settembre. A sinistra tuttavia non se ne fanno una ragione: si chiama democrazia. Ma, a esserle ostili, sono proprio i presunti democratici.

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