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Raccontare il lavoro minorile, con un linguaggio empatico diverso

Torino, 23 feb. (askanews) - L'arte come ragionamento collettivo, capace di capovolgere gli stereotipi e inventare nuovi linguaggi, anche per parlare di storie drammatiche come quella dello sfruttamento del lavoro minorile, che è ancora una piaga diffusa in tutto il mondo. La mostra dell'artista francese Bertille Bak, alla Fondazione Merz di Torino, ruota intorno alla grande installazione video che le dà il titolo: "Mineur mineur", ossia minatore minorenne.

"Il soggetto dell'opera - ha detto ad askanews Bertille Bak - è il lavoro dei bambini in miniera e volevo che fosse un'opera collettiva, per questo dovevo trovare un altro tipo di linguaggio per mettere in luce la storia di questi bambini minatori. L'ho fatto scegliendo un registro proprio dell'infanzia, come una grande festa gioiosa che però deve raccontare la loro situazione assolutamente drammatica".

In questo capovolgimento di prospettiva, che investe anche le altre opere portate in mostra da Bak, che con il progetto ha vinto la terza edizione del Mario Merz Prize, si gioca il senso di tutta una pratica e anche un modo di pensare il ruolo dell'artista come agente sociale. E pure grazie a una grande giostra inutilizzabile oppure a un film che racconta le malattie che colpiscono i minatori con il tempo, si capisce come si possa andare oltre le categorie ereditate dal Novecento, o meglio, come si possa ripensarle alla luce di un tempo e di condizioni, anche narrative, diverse.

"Non è un lavoro rivoluzionario - ha aggiunto Bak - non nasce come una rivolta, non vuole essere impegnato. Quello che mi interessa è la costruzione dell'opera con le persone, sul campo, il lavorare insieme in modo collaborativo per costruire un progetto che sia di tutti".

Curata da Caroline Bourgeois, "Mineur mineur" è una mostra che, piuttosto che celebrare lo sguardo dell'artista, cerca di costruire narrazioni alternative, parlandoci di come avrebbero potuto essere le nostre stesse vite se, per esempio, fossimo nati in un altro luogo. Il tutto sostenuto da una empatia che è probabilmente la chiave di volta dell'intero progetto.

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