Intelligenza artificiale, p. Benanti: "umanizzare" l'innovazione
Rimini, 25 ago. (askanews) - La rivoluzione industriale ha cambiato le nostre vite e l'aspetto del pianeta. Cosa accadrà ora che la macchina, attraverso l'intelligenza artificiale e gli algoritmi, può surrogare la nostra mente? Ne abbiamo parlato al Meeting di Rimini con Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare, teologo, esperto di etica, bioetica ed etica delle tecnologie.
"Si rincorrono diversi temi all'interno di questo mondo - ha spiegato Benanti - e uno è l'innovazione. Sempre di più un modello di vendita di questi prodotti soprattutto nordamericano ci dice che l'innovazione è la chiave di tutto quanto: il telefono è migliore, perché è più innovativo, il computer è migliore, il cloud è migliore. Ma innovazione da solo è un termine un po' ambiguo".
Perché, per esempio, "una bomba atomica è molto più innovativa rispetto a una pistola, ammazza molte più persone, non è detto che sia migliore. Ecco allora che serve un altro termine: quello che ci interessa è il termine sviluppo".
Lo sviluppo, secondo il teologo, è "quella forma di innovazione che contribuisce e aiuta l'uomo a vivere un'esistenza realmente umana. Come deve essere questo sviluppo per trasformare l'innovazione in qualcosa di positivo? Deve essere senz'altro globale, cioè di tutte le donne e di tutti gli uomini. Deve essere integrale, di ogni donna e di ogni uomo per intero. Deve essere fecondo, cioè attento alle prossime generazioni e non consumare tutto immediatamente. Deve essere plurale, attento ai contesti: lo sviluppo di un piccolo borgo dell'Appennino sarà molto diverso da una grande metropoli sudamericana. E infine deve essere gentile, cioè deve essere attento all'ambiente, al creatore alla vita di ciascuno di noi".