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La Tasi è peggio dell'Imu, ma non si sa quando pagarla

Giulio Bucchi
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La Tasi (e non solo quella) si avvicina ed è grande la confusione sotto il cielo. Solo 1.000 degli 8mila comuni italiani hanno già deliberato ed entro il 23 maggio si dovrebbe sapere quanto pagheranno proprietari e inquilini per la cervellotica tassa sui servizi invisibili. Il 16 giugno (tra meno di un mese), gli italiani saranno chiamati a pagare e ancora oggi non sanno/sappiamo quanto si dovrà pagare. Vietato rinviare - Il governo - impantanato in ben altri problemi (dal bonus Irpef alle riforme) - avrebbe anche concesso un rinvio (magari di 15 giorni) per permettere di far di conto e di mettersi in fila allo sportello, ma a questo punto sono stati i sindaci, compatti, a rifiutare qualsiasi slittamento. La Tasi è (sarà) uno dei più importanti mezzi di sostentamento dei comuni. Senza questi soldi pronta cassa le amministrazioni locali non saprebbero come far fronte ai pagamenti e all'erogazione dei servizi (smaltimento rifiuti, manutenzione delle strade, assistenza sociale, asili, mense). Quindi l'Associazione comuni d'Italia - di cui l'ex segretario del Pd Piero Fassino è oggi il presidente - si è opposta a qualsiasi rinvio, anche davanti alle suppliche dei centri di assistenza fiscale (Caf). Il problema è che il calcolo Tasi è tutt'altro che semplice. Lo devono pagare sia i proprietari che gli affittuari. Resta da vedere in che quota percentuale per l'uno e per l'altro. E senza l'aliquota comunale è come tirare i dadi e sperare che esca il numero fortunato. Il problema è che tra scadenze fiscali diverse ci si infili in un imbuto micidiale. Oltre alla Tazza comunale bisogna infatti ricordarsi che a giugno si dovranno presentare al commercialista o ai centri di assistenza fiscale redditi e spese sostenute nel 2013. Il 730 incombe e la promessa di una dichiarazione dei redditi precompilata - ventilata da Renzi - per il momento resta una chimera. Anche quest'anno dovremo fare la fila per fare i conteggi sulle spese mediche, i contributi sanitari e previdenziali, i redditi percepiti e i costi sostenuti. Triste primato - La solita sequela di assolvimenti burocratici che ci pone sul podio europeo per il numero di ore da dedicare all'assolvimento delle scadenze fiscali. Il centro studi degli artigiani di Mestre (Cgia), ha stilato la classifica europea delle ore necessarie per adempiere alle scadenze di pagamento. Ebbene gli italiani - secondo l'analisi delle scadenza su dati della Banca mondiale - spendono ogni anno ben 269 ore per assolvere alla scadenze fiscali. Considerando che la media europea è di appena 169 ore l'anno, è che siamo tra i più penalizzati d'Europa (fanno peggio di noi solo i portoghesi: 275 ore), ci sarebbe da chiedersi come mai i nostri amministratori e governanti si riempiano la bocca di semplificazioni e lotta alla burocrazia e poi ogni anno la situazione peggiori. Quest'anno poi l'incrocio micidiale tra scadenze diverse potrebbe risolversi in un pasticcio epocale. A lanciare l'allarme sono soprattutto i Caf che, in piena campagna fiscale, prevedono un vero e proprio assalto per i prossimi giorni. Fare i calcoli per pagare la Tasi non è affatto semplice, anche se si risiede in uno dei pochi comuni che hanno già deliberato. Ricordate il pasticcio mini Imu? A dicembre 2013 cittadini in fila in tutta Italia per saldare pochi euro di maggiorazione comunale infilata furbescamente dai sindaci. Complessivamente la partita valeva circa 400 milioni di gettito e assistemmo a code interminabili per fare di conto e scoprire quanto bisognava pagare. E' quindi più che un ipotesi attendersi - sempre che il 23 maggio i sindaci si degnino di deliberare le aliquote - nuove file e scene di isteria. I cittadini chiederanno assistenza proprio per il calcolo della nuova tassa. Del resto la prima rata va versata entro il 16 giugno, quindi tra meno di un mese. Ma come mai meno di mille comuni hanno già deliberato e gli altri no? I maliziosi fanno notare che in 4mila degli 8mila comuni italiani a strettio giro si voterà e non è proprio saggio aumentare le tasse (l'aliquota per la prima abitazione potrebbe essere portata al tetto massimo dal 2,5 per mille al 3,3 per mille), e poi chiedere consensi. Meglio quindi aspettare. Il sospetto - L'altro sospetto è che i sindaci - soprattutto quelli delle grandi città (nessuna ha deliberato ancora) - intendano far scadere il termine del 23 maggio e poi far slittare il pagamento, in un'unica soluzione, al 16 dicembre (saldo di fine anno). «Temiamo», lancia un monito il coordinatore della Consulta dei Caf, Valerio Canepari, «che ai primi giugno milioni di cittadini invaderanno i nostri uffici». Ma non basta. Per Unimpresa, si arriverà in questa condizione a «una valanga di ricorsi sia da parte dei Comuni (nell'ipotesi in cui gli importi pagati siano inferiori al tributo da pagare), sia da parte dei proprietari di immobili (nel caso di versamenti superiori). Si arrende il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi: «Né i contribuenti né gli addetti ai lavoro hanno chiara la situazione: c'è la Tasi sulle prime case, l'Imu sulle seconde e i sui negozi e capannoni, la Tari per i rifiuti». Un navigato imprenditore emiliano motteggiava così la situazione: in Italia già si pagano troppe tasse, ma è pure complicato riuscire a pagarle. Come dargli torto? di Antonio Castro

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