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La verità sui tunnel di Hamas Per scavarli schiavizzano i bimbi

Ignazio Stagno
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Attacchi di mortaio targati Hamas e raid anti-terroristi da parte israeliana sono ripresi, e questo è un fatto. Ma, soprattutto durante l'ultima breve tregua e il conseguente rientro dalla Striscia di Gaza di molti reporter occidentali, emergono - anche se solo in rete o via Twitter - notizie in controtendenza rispetto alla vulgata a favore del gruppo palestinese che si legge sui media europei. Ecco allora che viene alla luce la storia dei tunnel vista con gli occhi della popolazione palestinese di Gaza, o perlomeno di coloro non necessariamente organici all'attuale gruppo che governa Gaza. È una storia di soprusi, intimidazioni e omicidi che gli uomini di Hamas per anni hanno portato avanti indisturbati. Il fatto è che, secondo testimonianze raccolte sul posto, la maggior parte dei lavoratori che hanno costruito i tunnel venivano bendati, privati dei loro telefonini che avrebbero potuto avere un Gps incorporato e caricati su pullman o camion per essere portati ai cantieri. Nessuno di loro sapeva dove si trovava e chi fossero i guardiani che rimanevano per tutto il tempo con il viso coperto dalle kefiah. Erano costretti a scavare le gallerie per dodici ore al giorno, con una paga che variava dai 150 ai 300 dollari al mese. Ma il «trattamento di fine rapporto», spesso, era una pollottola in testa: chi si ritrovava a lavorare nelle gallerie che entravano in territorio israeliano quasi sempre veniva eliminato. Il vero motivo di queste uccisioni era il mantenimento del segreto sulla posizione dei tunnel, e la scusa per l'esecuzione era sempre la stessa: essere collaboratori di Israele. Bastava avere avuto dei contatti con degli israeliani per essere considerati spie, e se pensiamo che oltre la metà della popolazione di Gaza prima della salita al potere di Hamas lavorava nelle serre di Gush Katif, insediamento che sorgeva fra Khan Yunis e Dayr al Balath, o aveva addirittura il permesso per recarsi nello Stato ebraico, capite come possa diventare facile, in un regime che utilizza senza vergogna le esecuzioni sommarie, essere additati come collaborazionista, peraltro senza un processo degno di questo nome. Anche le diciotto esecuzioni pubbliche dell'altro giorno, avvenute sulle pubblica via e con modalità agghiaccianti, stanno a dimostrarlo, e non s'è udita alcuna voce di attivista dei diritti umani a levarsi per stigmatizzare un episodio che, per la verità, non è certo una novità nella Striscia dominata da Hamas. E dunque, mentre Hamas e i suoi sostenitori mostrano immagini raccapriccianti di bambini morti e feriti per guadagnare simpatia planetaria e ritrarre Israele come stato criminale, emerge un'altra verità. L'Istituto Palestine Studies ha pubblicato un rapporto di Nicolas Pelham sui tunnel di Gaza, in cui si denuncia l'uso indiscriminato dei minori nei lavori sotterranei, cantieri che hanno provocato molti decessi infantili. Si parlava di almeno 160 bambini morti, ma le informazioni di questi giorni fanno purtroppo salire il numero in maniera esponenziale. E attenzione, non si parla qui di media pregiudizialmente schierati con Israele: anche B'Tselem, organizzazione per i diritti umani pro-palestinese, ha pubblicato un video intitolato «Gaza uno sguardo all'interno: Tunnel della Gioventù», dove si descrive il lavoro nelle gallerie. Hamas le ha fatte costruire utilizzando alcuni degli stessi bambini che durante la guerra sono rimasti intrappolati sotto il fuoco dei missili e delle artiglierie, e mentre il numero delle vittime dell'Operazione Margine di Protezione è sotto i riflettori, quando i bambini morivano nei tunnel tutto rimaneva in silenzio. La tragica storia è sempre la stessa: nella Striscia ci sono purtroppo bambini che muoiono e che vengono esposti per provocare nel mondo intero comprensibile sdegno, e altri che invece scompaiono nel silenzio più assordante. di Michael Sfaradi

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