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Manovra, lettera dell'Ue all'Italia. Lo scontro tra Barroso e Merkel, Renzi ha rischiato grosso

Giulio Bucchi
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Per qualche giorno l'Italia e Matteo Renzi hanno rischiato grosso, grossissimo. Tutta colpa di José Manuel Barroso, il presidente uscente della Commissione Ue che avrebbe premuto per mandare una lettera durissima a Palazzo Chigi, una stroncatura definitiva sulla manovra del governo italiano. Tutto questo a soli 8 giorni dalla fine del suo mandato e, come suggerivano già qualche settimana fa fonti vicine allo stesso Renzi, per lanciare la propria carriera politica in Portogallo. Barroso era stato il falco rigorista che aveva fatto pagare alla "sua" Lisbona i danni della crisi sotto forma di politiche di austerity rigidissime, logico che ripresentarsi ai propri connazionali come colui che "l'ha fatta passare liscia" agli italiani non sarebbe stato un gran biglietto da visita. Secondo Repubblica era già tutto pronto: una serie di richieste tremende al governo Renzi che andavano dal "chiarimento" sulle coperture della finanziaria da 36 miliardi  al diktat di tagliare il deficit dello 0,5% nel 2015 (cioè 8 miliardi) fino al rifiuto di riconoscere all'Italia le "attenuanti" delle circostanze eccezionali (recessione, deflazione, riforme in via di attuazione) che avrebbero allargato le maglie del rigore, rifiuto che avrebbe portato all'obbligo di pareggio di bilancio nel 2015 (invece dello slittamento al 2017 già annunciato da Palazzo Chigi). Condizioni inattuabili per l'Italia (che il 29 ottobre si sarebbe di fatto vista bocciare la legge di stabilità da Bruxelles) e un disastro per la stessa Eurozona. E qui entra in scena Angela Merkel. L'acerrima nemica delle politiche "allegre" di Roma e non solo sarebbe intervenuta per stoppare Barroso, in tandem con il commissario Jyrki Katainen e il presidente in pectore Jean-Claude Juncker: troppo alto il rischio che una bocciatura dell'Italia facesse crollare le speranze di ripresa di tutta l'Unione, riavviando il circolo infernale dello spread e facendo crollare le economie non solo dell'area del Mediterraneo e dei cosiddetti Pigs. Anche per questo il prossimo presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy si è adoperato affinché al posto di una lettera di richiamo ufficiale fosse inviata a Renzi un "primo richiamo", un appunto meno "cogente" alle politiche italiane, una semplice richiesta di dettagli sulla manovra. Certo, da qui a immaginare che l'Europa da matrigna diventi madre benevola per l'Italia ce ne passa: lo stesso Jucnker ha assicurato il giorno del suo insediamento che l'unica via per la salvezza è il rigore, altro che deficit e debito. Il risultato è che la "grazia" concessa da Bruxelles obbligherà il governo italiano a usare parte di quei 3,4 miliardi di tesoretto messo da parte per aumentare il taglio del deficit allo 0,35% al posto dell'attuale 0,1, ma comunque meno dello 0,6 che avrebbe voluto imporre Barroso. Se la Merkel avrà salvato noi o solo Berlino, però, lo scopriremo tra qualche mese. 

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