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Jeb Bush ripudia la guerra del fratello: "Non avrei attaccato"

Lucia Esposito
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Dopo giorni di tentennamenti e contraddizioni, alla fine Jeb Bush ripudia la guerra in Iraq del fratello e afferma che "sapendo quello che sappiamo ora, non avrei attaccato»" A convincere il candidato repubblicano a questo passo non sono stati tanto gli attacchi politici arrivati negli ultimi giorni da suoi avversari nelle primarie, quanto forse il video, diventato virale in poche ore, che mostra una studentessa di 19 anni che, al termine di un comizio, inizia a discutere con lui e poi accusa: "E' stato suo fratello a creare lo Stato Islamico. Il passato - Così di fronte all'ennesima domanda riguardo alla guerra in Iraq, Jeb Bush ieri, in un incontro con la cittadinanza di Tempe, in Arizona,  l'ex governatore della Florida ha detto: "Ecco come stanno le cose: se devo essere costretto a rispondere ad una domanda ipotetica, sapendo quello che ora sappiamo, quello che è stato fatto, non avrei attaccato, non sarei andato in Iraq". Poi ha, ovviamente, aggiunto che in ogni caso il mondo è più sicuro senza Saddam Hussein e che il modo in cui è stata condotta la guerra ha costituito uno sforzo coraggioso che ha creato stabilità nella regione. E concluso appellandosi al rispetto dei militari caduti: WQE' molto difficile dire che sono morti invano, e infatti non lo sono. Il loro sacrificio deve essere onorato, non disprezzato". Ma, dopo aver resistito in tutti i modi, cercato di eludere le domande e, soprattutto, le risposte chiare su una delle guerre più impopolari - da cui hanno preso le distanze praticamente tutti i principali  candidati repubblicani alle prossime presidenziali - Bush ha capito che lo strappo con il fratello, e la sua pesante eredità, era inevitabile se vuole continuare ad accarezzare l'idea di diventare il terzo presidente Bush. Ma è stata sicuramente una scelta difficile, come lui stesso ha ammesso: «non vado in giro a cercare motivi di disaccordo con mio fratello, sono stato sempre leale verso di lui». Fratellanza - C'è comunque la possibilità di dare un'altra lettura diq uesta scelta di Jeb, interpretarla come una mossa strategico-elettorale riflettuta e necessaria. Un pò come quella che il fratello George fece nel 2000 quando si candidò alla Casa Bianca - stupendo un pò tutti in famiglia, visto che lui era considerato lo scapestrato mentre era Jeb il prediletto di mamma Barbara e l'erede politico in pectore - ed ebbe successo proprio perché ruppe completamente con la tradizione del padre. Se il primo presidente Bush è stato l'espressione dell'establishment repubblicano Wasp, solidamente orientato alla tutela degli interessi del business e moderato sugli altri fronti, il secondo presidente Bush è stato invece il campione della destra religiosa, lui stesso un cristiano rinato del Texas, stato da lui governato per due mandati e di cui orgogliosamente ostentava l'accento. «La resistenza di Jeb a staccarsi dall'eredità del fratello è costata molto negli ultimi giorni», si legge oggi sul Daily Beast che, come altri giornali americani, ritiene che le dichiarazioni di ieri non siano sufficienti a liberare la sua candidatura dal soffocante fantasma della presidenza del fratello. "Jeb deve veramente prendere le distanze dal fratello, ovviamente in un modo rispettoso, se vuole essere presidente, deve mostrarci perché è diverso, in cosa è diverso sia in politica estera che interna", conclude il sito.

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