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Vaticano, Papa Francesco faccia a faccia con i vescovi cileni: si dimettono in blocco per lo scandalo pedofilia

Gino Coala
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I vescovi cileni si sono dimessi in blocco davanti a papa Francesco dopo un lungo faccia a faccia. A chiedere una "azione esemplare" erano state le vittime degli abusi del clero cileno che negli ultimi tre giorni avevano intensificato le pressioni sul Vaticano. Da anni le associazioni delle vittime chiedono di far luce sugli insabbiamenti dei casi scoperti solo di recente in Sudamerica, provocando una vera a propria emorragia di fedeli. "Tutti noi vescovi presenti a Roma, per iscritto, abbiamo rimesso i nostri incarichi nelle mani del Santo Padre, affinché decida Lui liberamente per ciascuno di noi", scrivono i vescovi nella loro dichiarazione finale. Leggi anche: Vaticano, agguato delle Femen al Papa: a seno nudo per il diritto all'allattamento in pubblico "Ci mettiamo in cammino, sapendo che questi giorni di dialogo onesto hanno rappresentato una pietra miliare di un profondo processo di cambiamento guidato da Papa Francesco", aggiungono, giurando di voler "ristabilire la giustizia" e contribuire alla "riparazione del danno causato", per dare "nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile". Ora sarà il Papa a decidere se accettare, respingere o accettare fino a nomina del successore le dimissioni di ognuno di loro. "Bene, questo cambia le cose per sempre!", commenta su Twitter Juan Carlos Cruz, che nelle scorse settimane, con James Hamilton e José Andrés Murillo ha testimoniato al Pontefice gli abusi subiti da padre Fernando Karadima in rappresentanza delle vittime. "Criminali - aggiunge Murillo -. Non sapevano come proteggere i più deboli. Ecco perché meritano semplicemente di andarsene". In epoca moderna, non si ha memoria di dimissioni in blocco di una intera conferenza episcopale. Questa è una rinuncia in cui si avvertono vergogna e pentimento, ma anche voglia di ricominciare: "Vogliamo chiedere perdono per il dolore causato alle vittime, al Papa, al Popolo di Dio e al nostro paese per i gravi errori e le omissioni da noi commessi", scrivono i vescovi. Ringraziano le vittime per la perseveranza e il coraggio, "nonostante le enormi difficoltà personali, spirituali, sociali e familiari che hanno dovuto affrontare, unite spesso all'incomprensione e agli attacchi della stessa comunità ecclesiale". Ringraziano anche chi li ha 'incastrati', mons. Scicluna e il reverendo Jordi Bertomeu, che hanno consegnato nelle mani del Papa il dossier da 2.300 pagine che ha spinto il Pontefice a convocare tutti a Roma. E ancora una volta imploriamo il loro perdono e il loro aiuto per continuare ad avanzare sul cammino della guarigione delle ferite, perché possano rimarginarsi". Il primo giorno degli incontri, martedì 15 maggio, Papa Francesco ha consegnato a tutti i presuli un documento di dieci pagine che doveva restare riservato, ma che è stato diffuso dalla tv pubblica cilena, Tv13. Nella lettera il Papa li inchioda alle loro responsabilità, scrivendo di aver saputo che alcuni religiosi, espulsi dai loro ordini per abusi, sono stati accolti poi da altre diocesi , ricevendo incarichi che li hanno portati a contatto con altri bambini e altri ragazzi. Le denunce che i vescovi ricevevano venivano qualificate come "inverosimili", quando invece rappresentavano "gravi indizi". Alcune inchieste non sono mai state realizzate e i bambini non sono stati protetti. C'è stata - afferma il Pontefice - pressione su chi doveva fare i processi, e molti documenti compromettenti sono andati distrutti. Bergoglio è preoccupato per l'atteggiamento di alcuni di loro dopo lo scandalo: il problema, scrive, non si risolve "solo con la rimozione di persone, che pure bisogna fare, ma che non è sufficiente". Se fino a qualche mese fa li ha difesi come poteva, ora è chiaro a tutti e anche a lui: "il problema è il sistema".

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