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Il sadomaso che te lo ammoscia

Eliana Giusto
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  Ho letto le 548 pagine di «Cinquanta sfumature di grigio» in una mattinata scarsa e sto ancora rimpiangendo di non aver dedicato quelle quattro ore a qualcosa di intellettualmente più impegnativo. Che so, una manicure alla lavanda, un percorso idroterapico, una replica di «Uomini e donne». E se vi viene il sospetto che stia esagerando, è perchè non avete letto il libro in questione, ma ne avete sentito parlare come di una sorta di manuale romanzato del bondage, come di un libro che vi piazzerà l'ormone su una sella da rodeo. Io vi avverto: questo libro sta alla letteratura erotica come Martufello sta alla satira Menippea. E lo dico soprattutto alle donne, che secondo il battage pubblicitario, sarebbero le principali responsabili di questo inspiegabile caso editoriale.  Già la trama dovrebbe bastare a  regalarvi la pace dei sensi fino al climaterio: una giovane e inesperta sciapetta incontra un potente e fascinoso miliardario che inizia una relazione con lei ad alto tasso erotico, ma solo dopo averla obbligata a firmare un contratto. Che poi, sostanzialmente, basta sostituire la stanza del bondage con una vista lago ed è la storia di Clooney e la Canalis. Il tutto, raccontato con un virtuosismo narrativo tale, da farmi sospettare che «E.L.James» sia uno pseudonimo e il romanzo sia stato in realtà scritto a quattro mani da Federico Moccia e Melissa P. dopo sei moijti. Le prime cento pagine, quelle in cui di sesso manco a parlarne, sono incredibilmente le più imbarazzanti. Giuro. Avessi letto la minuziosa descrizione di un amplesso selvaggio tra Franco Trentalance e una pecora a lana corta, avrei provato meno imbarazzo che a leggere il tripudio di metafore, aggettivi e cliché alla Harmony snocciolati dall'autrice nella fase climax del racconto. Imbarazzante, per dire, l'incipit con la gag in cui la protagonista frana tra le braccia del bello e impossibile, gag che solo in «Natale sul Nilo» viene utilizzata sedici volte. Non è credibile neppure leggendo il romanzo sotto l'effetto di droghe pesanti o di una telecronaca di Fulvio Collovati, che Anastasia frani addosso a Christian dopo essere inciampata nel tappeto dell'ufficio, dopo che un ciclista ha rischiato di investirla, dopo eccessi alcolici, dopo un principio di svenimento e dopo pratiche bondage. Poi. La signora dovrebbe giurare sulle orecchie del ministro Giarda che non abbinerà mai più il sostantivo «occhi» con l'aggettivo «ardenti».   Il protagonista ha occhi ardenti a pagina 33, 345, 359 e a parte il fatto che in commercio esistono colliri ottimi, la scrittrice dovrebbe sapere che gli occhi ardenti («occhi di brace» per la precisione), sono il passaggio più alto del testo «Ricominciamo» di pappalardiana memoria. Passino le espressioni «ginocchia tremanti», «farfalle nello stomaco», e «le gambe come gelatina» di cui il libro è ignobilmente disseminato, ma il passaggio «la sua voce è roca e calda come cioccolato nero fuso al caramello» sarebbe inaccettabile anche se lo dicesse Benedetta Parodi parlando della voce di Fabio Caressa mentre spadella in cucina. Ma soprattutto, se sei una scrittrice erotica e non ti viene in mente un modo migliore per definire l'organo genitale femminile di «oscuro luogo inesplorato», forse dovresti scrivere l'oroscopo di Grazia, non libri erotici. Un luogo oscuro inesplorato è il tunnel di Atlantide, non la patonza, suvvia. In materia di dialoghi, le cose non vanno certo meglio.  L'apice si tocca quando Anastasia viene invitata ad andare a prendere un caffè al bar con Christian e al suo ritorno a casa, la coinquilina le domanda: «Com'è andato l'appuntamento? So che detesti il caffè!».  Qualcuno in Mondadori potrebbe riferire alla signora James che «andiamo a prendere un caffè» è un modo di dire e che al bar è possibile ordinare bevande alternative quali tè e Coca Cola, cosa di cui le coinquiline sono generalmente a conoscenza? Argomento sesso. Ed è su questo, paradossalmente, che la scrittrice sembra avere le idee più confuse. Intanto vabbè, in un mondo in cui le tredicenni si fanno palpare per una ricarica da dieci euro, Anastasia è una laureanda vergine. Che tu dici: abbiamo creduto alle gare di burlesque, crediamo anche a questa. Poi però la scrittrice ci chiede di credere anche al fatto che la notte della sua prima volta con Christian, Anastasia abbia la bellezza di due orgasmi, il primo dei quali ottenuto grazie a esperte manovre del bel manager su suoi capezzoli. Ora, in tutta onestà: la prima volta è già tanto se una ragazza riesce a farlo senza pensare al padre che l'aspetta a casa con la scacciacani o alle lenzuola splatter, e questa tizia avrebbe goduto come un riccio perchè lui le gira il capezzolo come  la manopola delle stazioni radio? Poi c'è la faccenda dei ruoli. Anastasia sarebbe la vittima Sottomessa e Christian il cinico Dominatore. Lui, il bavoso, sadico essere in cui la dolce Anastasia si imbatte, pretende che lei firmi un contratto che la obblighi a rispettare le regole di sottomissione. E qui viene il bello. Perchè tra una clausola e l'altra tipo «se non ti dispiace ti frusterei come il cavallo della contrada del Bruco» o «di tanto in tanto ti legherei con lo spago dell'arrosto», il Dominatore obbliga la povera Anastasia ad accettare un budget per vestiti, palestra, estetista, visite mediche. Non solo, il Dominatore si impegna pure ad accompagnarla a fare shopping, roba che l'uomo medio tra la castrazione chimica e un giro di shopping con la fidanzata sceglierebbe senza esitazione la prima ipotesi. E non è finita qui.  Qualora la Sottomessa  deluda il Dominatore, il Dominatore non la ricambierà col consueto muso o con la visione ininterrotta di Sky Sport per due settimane, no, per punizione, la tromberà. Chiaro che una donna sana di mente, un contratto così lo firmerebbe pure col sangue del primogenito. Anastasia invece fa pure quella «e che palle». Lui le regala libri antichi, computer, macchina, champagne, blackberry, passaggi in elicottero, va a conoscere la madre e le presenta la sua e lei una pagina sì e una pagina no gli dice «Voglio di più». Lui è ricco, bello, superdotato, fa il suo dovere due volte al giorno con tre secondi netti di fase refrattaria tra un amplesso e l'altro e lei «voglio di più». Finchè un giorno,  dopo aver chiesto, lei, di essere frustata come un mulo al sesto tornante, decide che il lato oscuro di Christian la spaventa e lo molla con la frusta ancora calda. E lì hai finalmente chiare tre cose in fatto di bondage: la prima è che qui il Dominatore è Anastasia, altro che Christian e tutto il romanzo si regge su un equivoco. La seconda è che l'unico personaggio che andrebbe seriamente incaprettato è l'editor di questo libro. Il terzo riguarda la scritta enfatica sull'adesivo in copertina: «Questo è Il libro di cui tutte parlano». Ecco. Il fatto che tutte le sgallettate del pianeta parlino di questo porno-Harmony sarebbe un buon motivo per mettere un bavaglio alle donne. Altro che il bondage.  di Selvaggia Lucarelli  

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