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"Presto un referendum sull'euro": il governo è diventato leghista

Giulio Bucchi
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di Matteo Pandini   Saranno le vacanze, sarà che pure in Finlandia si dicono pronti alla fine dell'euro, sarà che nel Vecchio continente si moltiplicano gli accidenti contro la moneta unica. Sarà tutto questo e forse altro ancora. Fatto sta che Enzo Moavero, ministro per gli affari europei del governo Monti, scopre addirittura la democrazia. In un colloquio con Repubblica, il ministro ha sostenuto che in Italia serve un'ampia riflessione su come deve essere l'Unione Europea del futuro, ed è chiaro «che il Parlamento e i cittadini dovranno essere chiamati ad esprimersi». Di più: bisogna capire meglio «cosa non ci soddisfa dell'Europa attuale e cosa vorremmo cambiare per essere disposti a condividere più sovranità nell'ambito della casa comune europea». Certo. I pignoli obietteranno che la moneta unica è entrata in vigore da più di dieci anni senza che gli italiani potessero dire ba, ma d'altronde è meglio tardi che mai. Qualche pedante potrebbe addirittura aggiungere che ci ritroviamo un governo che i cittadini non si sono scelti. Però, al di là dei dettagli, quella di Moavero è una svolta a suo modo epocale. Anche per i professori, la moneta unica e l'Europa si possono discutere. Tempo fa erano argomenti tabù. Nel Belpaese solo due tipacci come Beppe Grillo e il leghista Roberto Maroni stavano sollevando il problema. Il comico genovese sosteneva che «un referendum sull'euro e sulla ristrutturazione del nostro debito è sempre più necessario. Ci vediamo in Parlamento (nonostante Napolitano). Sarà un piacere». Era il 2011. E anche ieri il segretario lumbard ha annunciato che «la Lega sta preparando la proposta di legge popolare per tenere il referendum sull'Europa e sull'euro». Probabile che, dopo l'apertura del ministro per gli affari europei, Beppe e Bobo si chiedano dove abbiano sbagliato. Ufficialmente, le parole di Moavero hanno incassato plauso bipartisan. Il Carroccio auspica l'apertura di «un dibattito serio» (Rossana Boldi, senatrice). Il Pd si spella le mani: «L'Europa deve nascere da voto popolare» chiosa Arturo Parisi. Effetti collaterali - Occhio però. La nuova costituzione europea subì una brusca frenata dopo i voti contrari dei cittadini di Francia e Olanda. Era il 2009. Quando si dà la parola al popolo, si rischiano risultati imbarazzanti anche per intellettuali e poteri forti. Dicesi effetti collaterali della democrazia. La stessa democrazia che permette alla Csu bavarese (il modello di partito territoriale ed egemone a cui s'ispira proprio Maroni) di criticare il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, accusato di essere in conflitto d'interessi e di voler aiutare Roma ai danni di Berlino. Non solo. Nel partito sono affiorati mal di pancia nei confronti dell'alleata Angela Merkel, definita addirittura «zarina» per le sue posizioni sull'euro e non solo. Più in generale, la situazione sembra così compromessa che in Finlandia il ministro degli Esteri si confessa al Daily Telegraph per affermare: «Dobbiamo prepararci alla possibilità di una rottura della zona euro». D'altronde, continua l'esponente del partito socialdemocratico Erkki Tuomioja, «l'abbandono dell'euro è una soluzione auspicata da moltissimi dappertutto. È però evidente che una rottura dell'euro zona costerebbe di più che nel breve e nel medio peridoso piuttosto che gestire la crisi». Inoltre, «non possiamo costringere la Grecia ad uscire dall'area». Chissà cosa ne pensa Mario Monti. Solo un anno fa, il premier italiano parlava di euro come «un successo». Il 30 ottobre 2011, in una lettera aperta all'allora premier Silvio Berlusconi e pubblicata sul Corriere della Sera, sosteneva che l'euro non è affatto in crisi, mentre «gli attacchi speculativi» che pure «ci sono, spesso violenti, non sono attacchi contro l'euro». Più recentemente, al termine di un vertice con Merkel, Hollande e Rajoy a Villa Madama il sobrio Monti azzardava: «L'euro è un grande progetto irreversibile che ha avuto grande successo». Allo Spiegel, poche settimane fa, ha teorizzato: «La crisi mette in difficoltà la tenuta dell'Europa, i governi non si facciano vincolare del tutto dai loro Parlamenti». Frasi sbalorditive e che avevano scatenato critiche soprattutto in Germania. Prima di fare le precisazioni di rito, l'ex commissario Ue aveva aggiunto che «le tensioni che da anni accompagnano l'Eurozona hanno già i connotati di una disgregazione psicologica dell'Europa». E insisteva: nel caso in cui l'euro diventasse un fattore di divisione europea, «allora verrebbero distrutte le fondamenta dell'Europa». Ieri, l'apertura-choc di Moavero.  Dibattito lumbard - Sull'euro s'è aperto anche un dibattito tutto interno alla Lega. L'ha innescato il deputato Maurizio Fugatti, che nella festa trentina di Avio ha deciso di distribuire fac-simile della lira decotta per sostituire la moneta corrente. Succederà domani, ultimo giorno della kermesse. Con dieci euro, i militanti consegneranno agli avventori una finta banconota da 20mila lire. E i prezzi saranno coerenti con la vecchia valuta. Esempio. Una birra costa 2 euro? Si pagherà 2mila lire anziché 4mila. Un panino 3 euro e 50? 3.500 lire e così via. «Non c'è nostalgia per la vecchia moneta» s'affretta a spiegare Fugatti «vogliamo far vedere quanto incide sulle tasche dei cittadini l'euro concepito da Ciampi e da Prodi». Invia Bellerio, l'iniziativa non è piaciuta a tutti. Più d'un colonnello teme possa passare un messaggio diverso. Ovvero che il Carroccio stia tifando per il ritorno alla tanto odiata liretta, che in un raduno di Pontida (era il 1997) veniva sostituita dagli scudi padani con cambio 1 a 1 per acquistare gadget e birra. «Se la Sicilia è andata in default è proprio grazie all'euro» spiega un dirigente padano. Che poi parla di euro a due velocità. In pratica, lo stesso scenario disegnato recentemente dall'autorevole Financial Times. Il quotidiano scriveva di un'Europa più piccola e compatta come l'impero di Carlo Magno, con il Nord Italia insieme a Francia, Germania e i Paesi del Benelux. Un'analisi firmata da  Tony Barber e che aveva scatenato l'entusiasmo dei leghisti. Ieri, con le parole di Moavero, i lumbard hanno trovato un altro alleato. Forse.    

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