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Ecco la vera storia del "caso Dreyfus":Puniti per un articolo scritto da altri

Farina commentò una notizia (imprecisa) data dalla "Stampa". Non arrivò nessuna smentita

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Fosca Bincher È  la sera di venerdì 16 febbraio del 2007. Un cronista de La Stampa raccoglie all'ospedale Regina Margherita di Torino la storia allucinante di una ragazza di 13 anni lì ricoverata dopo lo choc provato per avere abortito. La fonte è di tutto rispetto: il primario di neurochirurgia dell'ospedale, Roberto Rigardetto. È un primario, ed è anche professore alla Facoltà di medicina, di cui attualmente è vicepreside. Ha alle sue spalle decine e decine di pubblicazioni nazionali e internazionali. I cronisti de La Stampa, quotidiano leader a Torino, gli credono. Il suo racconto viene trasferito alla cronista di turno che a quell'ora -    tarda - non è in grado di verificare altro, e pubblica. L'articolo esce nelle pagine nazionali (pagina 18)   con il titolo: «Obbligata ad abortire a 13 anni». L'occhiello aggiunge altri particolari: «Torino, i genitori e il giudice tutelare vanno contro la sua volontà. Il padre è un quindicenne». Nel sommario ancora altri aspetti: «Dopo l'intervento finisce in psichiatria. Il primario: è stata una violenza». Nell'articolo si virgolettano perfino parole della ragazzina,   chiamata Valentina: «Non posso buttare questo bambino - ha implorato - cercate di capirmi». Si racconta che la ragazza dopo l'aborto è quasi impazzita, ed è stata ricoverata nel reparto di psichiatria del Regina Margherita. Ma lei non ci vuole stare.   La Stampa virgoletta a Valentina una frase detta ai genitori: «Me l'avete fatta ammazzare e adesso mi ammazzo io, m'ammazzo». Poi   un'altra frase: «Io qui non ci voglio stare, non sono pazza, sto solo male come un cane per quello che i miei genitori e i giudici mi hanno obbligato a fare». L'articolo è accompagnato da un commento di Chiara Saraceno che scrive: «In questo caso il giudice sembra avere preso le parti dei genitori contro la ragazza, capovolgendo il senso della norma». Non era così, ma la Saraceno era ignara. La nota dell'Ansa - È  questo articolo che racconta il falso per cui è stato condannato a 14 mesi di carcere Alessandro Sallusti. Quella mattina di sabato 17 febbraio a Libero viene letto lo scoop della Stampa. A nessuno salta in mente che possa essere falso: il quotidiano è autorevole, il fatto è avvenuto a Torino, l'articolo è zeppo di particolari, dichiarazioni del primario incluse. Lo commenta indignato Renato Farina, con lo pseudonimo di Dreyfus a cui è obbligato perché tutti i non giornalisti possono scrivere le loro opinioni sui giornali in Italia, meno lui. A dire il vero la stessa indignazione gronda in dichiarazioni politiche, in una denuncia del Movimento per la Vita, in un commento del cardinale Poletto, vescovo di Torino,  e in uno di monsignor Ravasi. L'articolo viene ripreso nella sua versione originaria anche dall'Ansa di primo mattino. Questo Libero non lo può sapere, perché non è abbonato all'Ansa (come molti  quotidiani: il canone di abbonamento è elevato e non tutti se lo possono permettere) e quindi non  vede quei lanci di agenzia. Alle 15,30 - l'ho ricostruito grazie alla cortesia di  colleghi abbonati all'agenzia - solo l'Ansa prova una rettifica:  «Aborto tredicenne: nessun intervento giudici tutelari». Il testo spiegava: «Nessun giudice tutelare del tribunale ordinario di Torino è intervenuto sulla vicenda della tredicenne costretta ad abortire. Lo si è appreso da fonti giudiziarie». Era un falso, perché   un giudice era intervenuto. E in ogni caso si trattava di rettifica ufficiosa uscita solo sull'Ansa, di cui Libero non aveva visione. A dire che tutto era falso scese in campo - sempre sull'Ansa - Silvio Viale, leader dei medici abortisti di Torino.  Solo alle 19 e 17 arriva una dichiarazione ufficiale del presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbato: «Non c'è stata alcuna costrizione del giudice». Alle 20,45 l'Ansa - che Libero non può vedere - fa una ricostruzione della storia: la ragazzina era peruviana, adottata da due operai torinesi  che  dopo si sono separati. Quando è restata incinta ha detto alla madre che voleva abortire, ma di non dire nulla a papà. Per escludere il padre - che in effetti non ha saputo nulla - c'è voluto l'intervento del giudice tutelare, Giuseppe Cocilovo  (è stato il suo vero ruolo nella vicenda). Il giorno dopo - Il giorno dopo esce il commento di Dreyfus su Libero, e un articolo del collaboratore di Torino, Andrea Monticone, in cui si riporta sia la notizia de La Stampa - col condizionale - sia la versione di chi diceva che non c'era stata alcuna costrizione. La Stampa ha un secondo pezzo, a metà fra la versione originaria e la rettifica: «La madre: non ho soldi, devi abortire. Valentina ha firmato la richiesta davanti al giudice». Non si riporta la rettifica Ansa, ma alla ventesima riga si dice che il giudice Giuseppe Cocilovo «le ha dato il permesso di prendere autonomamente una decisione». A Libero non arrivano  rettifiche, e leggendo altri giornali non può  immaginare ne esista una. Anche Repubblica racconta il fatto il 18 febbraio. Inquadrando il caso come controverso: «Tredicenne in psichiatria dopo l'aborto. “Costretta dai genitori”. “No, non è vero”. Mette sullo stesso piano la versione che ha indignato Dreyfus e la versione dei giudici, quasi non credesse troppo a quest'ultima. Si va avanti così per giorni. Solo il 21 marzo su La Stampa appare bella nascosta nella rubrica delle lettere la rettifica firmata dal presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbato. Titolo: «Ma il giudice non “ ordina” l'aborto». L'avesse mandata anche a Libero, sarebbe stata pubblicata. Ma questo non è avvenuto. Mai una rettifica diretta, solo la querela rivolta esclusivamente a Libero (nessuna citazione a La Stampa). Così per un'opinione espressa su una notizia pubblicata da un altro giornale oggi va in carcere Sallusti. Per restarci 14 mesi.  

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