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Allarme degli 007: "Fb, Twitter e WhatsApp centri di comando dell'Isis"

Nicoletta Orlandi Posti
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Allarme dei servizi segreti sul terrorismo di matrice islamica. Nel mirino degli 007 il web e una trentina di persone che operano sul territorio italiano facendo propaganda e inneggiando alla Jihad, la guerra santa. "Lo Stato Islamico - si legge in una nota della nostra intelligence - degli del Dis di cui il GR1 è venuto in possesso - fa un esteso e puntuale utilizzo di piattaforme virtuali per divulgare i propri prodotti mediatici ma soprattutto per diffondere la propria ideologia. Tale utilizzo - prosegue l'informativa - favorisce anche un meccanismo di reclutamento indiretto e di auto-radicalizzazione da parte di elementi della cosiddetta seconda generazione in particolare nei paesi non arabofoni". L'attenzione dunque è massima. Lo ha confermato al GR1 Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento Informazione e Sicurezza, organismo di coordinamento dei servizi segreti. "Il web - spiega Massolo - crea delle opportunità assai più ampie di radicalizzazione. Di fatto crea una specie di cassa di risonanza virtuale in cui i messaggi indirizzati verso chi è più facilmente radicalizzabile sicuramente trovano un'eco molto ampia e molto facile. ....non abbiamo in questo momento in Italia una notizia di progettualità specifica - aggiunge Massolo - ciò non di meno abbiamo in atto un'attività di attenta vigilanza proprio per evitare che dalla potenzialità si possa passare agli atti". 007 inglesi - L'allarme dei nostri 007 trova conferma nelle parole di Robert Hannigan, il nuovo capo dell'agenzia di sorveglianza britannica Gchq, la stessa finita al centro dello scandalo Datagate secondo il quale c'è un'allarmante 'distorsione' nell'uso dei social network ha fatto di Facebook, Twitter e altre simili piattaforme online ''centri di comando e controllo'' per i jihadisti dell'Isis. Con un intervento sul Financial Times, ripreso dall'Ansa, Hanningan lancia in prima persona il duro monito e l'appello rivolto in particolare alla 'Silicon valley'. Perchè, soprattutto nell'era post-Snowden e alla luce del fenomeno Isis, "il compito che governi e agenzie di intelligence si trovano ad affrontare è enorme". Hannigan si riferisce in particolare alla maestria dimostrata dal'Isis nell'utilizzo dei social network come strumenti di propaganda e di arruolamento di jihadisti in tutto il mondo. Nella sua analisi Hanningan sottolinea come l'Isis sia ormai in grado di utilizzare Internet in maniera più evoluta di quanto abbia fatto al Qaeda che preferiva, per esempio, diffondere materiale nell'anonimato. Ed è anche una questione di linguaggio: "Gli estremisti dell'Isis - spiega - usano i servizi di messaggi e i social media, fra cui Twitter, Facebook e WhatsApp, in un modo e con un linguaggio che i loro pari capiscono". Secondo il capo della Gchaq quindi, la 'minaccia' sta anche nel tipo di tecnologia sviluppata per questi sistemi: nella loro impresa gli aspiranti terroristi possono avvalersi con vantaggio di una tecnologia che non richiede l'utilizzo di particolari password per accedere a siti protetti, per esempio, e "possono seguire altri giovani che pubblicano le loro avventure in Siria". Cosa che può diventare un elemento moltiplicatore amplificando l'attrattività potenzialmente che tale messaggio costituisce per alcuni. Ed è su questo punto che Hanningan sembra in particolare sollecitare una partnership delle agenzie di intelligence con i colossi del web, sottolineando che la "la privacy non è mai stato un diritto assoluto".

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