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Loris, il nuovo "eroe" dei centri sociali salta sul cofano e poi fa la vittima

Matteo Legnani
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Ora i centri sociali bolognesi hanno un leader, Loris Narda. È lui a occupare la scena, concedendo interviste ai media dopo aver partecipato alla spedizione punitiva contro il nemico leghista. Importa poco se a tendergli il microfono sono i media della borghesia. Anzi, qualche testata online ha già acriticamente preso per buona la sua versione dei fatti: Matteo Salvini colpevole di tentato omicidio per essere riuscito a sottrarsi all'assalto. In realtà, è lui a saltare sul cofano dell'auto per fermarla, sebbene giustifichi il gesto con "le modalità tipiche di un blocco". Del resto, ai giornalisti che non si adeguano è riservato il classico trattamento da manuale rivoluzionario: colpirne uno per educarne cento. Narda sa perfettamente come recitare la sua parte da protagonista, anzi da vittima. Intanto esibisce uno spiccato accento meridionale, grazie al quale si pone naturalmente in antitesi non solo con la "destra xenofoba e lepenista", ma anche con la Padania dove peraltro è venuto, chissà perché, a insediarsi. Il resto del suo tempo, come un piccolo Lenin, lo passa ad animare i collettivi antirazzisti. Se ne trovano significative tracce sul web. In particolare quando presenzia a un raduno in Grecia nel febbraio 2013 e si esprime in un inglese da prima media differenziale. Padroneggia confusamente anche l'italiano, forse per via dei temi affrontati. Uno su tutti, la "cartografia delle lotte", alle quali invita i gruppuscoli sovversivi a partecipare mediante un processo di "autoformazione" e di "studio militante", all'interno del collettivo Hobo, "laboratorio dei saperi comuni". Tutto alternato con momenti di lucidità. Nel 2012 protestava contro la presunta riapertura dei manicomi. Per non doverci finire.

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