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Il vero "Piave", religione e Patria nel calendario dell'Esercito Italiano

Giulio Bucchi
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"Si vide il Piave rigonfiar le sponde / e come i Fanti combattevan l'Onde / rosso del sangue del nemico altero / il Piave comandò – Indietro va straniero!-". Nel corso della cerimonia di presentazione del nuovo Calendario dell'Esercito Italiano 2018, La leggenda del Piave di Ermete Maria Gaeta è risuonata nella sua completezza e nel suo originale, divino splendore. Compresa la strofa che, per anni, riuscivi a sentire solo su qualche vecchia audio-cassetta perché, ammesso qualche scuola la insegnasse ancora, cantare il “rosso del sangue del nemico altero” poteva forse apparire “xenofobo” e razzista. E non ci sarebbe stato da stupirsi se così fosse stato: in fondo, siamo forse l'unico paese al mondo ad aver modificato l'Inno nazionale per ragioni di marketing, passando dal sincero ed eroico “siam pronti alla morte” scritto da un giovane caduto nella difesa della Repubblica Romana, al “siam pronti alla vita” intonato ad Expo 2015. Più che un calendario, infatti, il prodotto realizzato dall'Esercito per l'anno che verrà è una ricca pubblicazione storica, con aneddoti curiosi e approfondimenti che ricostruiscono ruolo, composizione, impegno, tradizioni della Forza Armata nel Risorgimento e nella Grande Guerra. Interessante e attualissima la parte dedicata alla religione: la Grande Guerra assiste ad un' ampia mobilitazione di sacerdoti cattolici (come don Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII) che svolgono un'importante opera fra la truppa sia di assistenza spirituale sia di conforto e di educazione del soldato. In fondo, segni distintivi del cappellano sono la croce e le stellette: fedeltà alla religione e fedeltà alla Patria che servono nelle trincee del Carso, del Monte Grappa, del San Michele. Un senso del dovere che può essere ancora oggi modello e stimolo: anteporre l'interesse collettivo a quello individuale e riconoscere lo Stato e le Istituzioni quali uniche entità davvero rappresentative di tutti i cittadini. 1918-2018 si legge sulla copertina del Calendario: cento anni fa (sembra ieri!) con la vittoria sugli Imperi centrali l'Italia portava a termine il processo di unificazione e il Tricolore sventolava su Trento e Trieste redente. Una storia di sacrifici e di eroismo, mai studiata a scuola con quell'attenzione e con quella dovizia di particolari che meriterebbe tanto per le sofferenze che il conflitto ha causato, tanto per ciò che la Grande Guerra ha rappresentato per un Popolo, gli Italiani, che ha imparato a conoscersi e a sentirsi unito proprio fra il fango, i topi e i tiri di cecchino. di Marco Petrelli

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