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Antonio Socci: ecco il piano di Papa Francesco per cambiare i sacramenti

Giulio Bucchi
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L'Esortazione post sinodale, appena firmata da papa Bergoglio (ma non ancora resa nota), sarà dunque una rivoluzione nella Chiesa? Si fonderà così una «nuova Chiesa» basata sul verbo cattoprogressista di papa Bergoglio e di Walter Kasper, anziché sul Vangelo di Cristo? In effetti in queste ore il cardinale Kasper, il grande avversario di Joseph Ratzinger, annuncia una vera e propria «rivoluzione». Kasper è colui che Bergoglio utilizzò nel febbraio 2014, al Concistoro, per lanciare la «bomba» della comunione ai divorziati risposati: non che a Bergoglio importi dei divorziati che vogliono fare la comunione, ma costoro sono stati usati come forza d'urto per terremotare la dottrina cattolica dei sacramenti. Lunedì scorso, in un incontro a Lucca, alla vigilia della firma dell'Esortazione, Kasper già non sapeva trattenersi: «Sarà il primo passo di una riforma che farà voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni».  Il testo dell'Esortazione sarà reso noto a metà aprile, ma Kasper - che lo conosce - già proclama la propria vittoria: «Il documento segnerà l'inizio della più grande rivoluzione nella Chiesa da 1500 anni a questa parte». Anche Vatican Insider ha titolato sul documento citando le parole di Kasper: «Sarà rivoluzionario». In effetti - con gli amici - Bergoglio ama civettare dicendo «sono un rivoluzionario» (come ha rivelato Scalfari su Repubblica il 24 dicembre scorso).  Tuttavia se è evidente il proposito di Bergoglio di ribaltare la Chiesa Cattolica, è anche vero che lui sa di dover agire con astuzia e gradualità, in modo da non cadere nella fattispecie del «papa eretico», che pure è prevista dal diritto canonico, con tutto ciò che ne conseguirebbe. Infatti Bergoglio ama rappresentarsi così: «Posso dire che sono un po' furbo, so muovermi». E questo spiega ciò che si è letto ieri in un'altra anticipazione uscita su Repubblica a firma Alberto Melloni. Dal suo articolo apprendiamo - come del resto era prevedibile - che nell'Esortazione non ci sarà un cambiamento formale della dottrina, perché il Papa non può certo dire esplicitamente che vanno cestinati il Vangelo e il magistero bimillenario della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio e sull'accesso all'eucarestia. Si delegittimerebbe da solo. Dunque cosa dice l'Esortazione, secondo Melloni? Tutto verrebbe fatto passare sotto la forma - apparentemente innocua - della pastorale e della «piena partecipazione» alla vita della Chiesa dei divorziati risposati. Melloni parte dall'assunto (fantasioso) che «quasi tutti i parroci» danno già la comunione ai divorziati risposati e quindi si tratterebbe «solo» di «legittimare una prassi e non fondarla teologicamente. Nella “misericordia”, appunto». In realtà con tale prassi - di fatto - si legittimerebbe anche una teologia non cattolica dell'eucarestia, del matrimonio e della confessione senza dirlo esplicitamente, quindi senza mettere nero su bianco affermazioni eretiche. Secondo Melloni, Bergoglio agirebbe «chiamando a responsabilità i vescovi a cui restituisce i poteri effettivi». Lo ha fatto con il Motu proprio sulle «nullità matrimoniali». Forse lo farà anche incaricando i vescovi di legittimare l'accesso all'eucarestia di alcuni divorziati risposati senza più l'impegno a vivere «come fratello e sorella» che era chiesto finora dalla Chiesa? Così papa Bergoglio delegherebbe i vescovi ad autorizzare (senza in realtà averne alcun potere) una nuova prassi sacramentale che di fatto - tacitamente - legittimerebbe a cascata le seconde (o anche terze) nozze e stravolgerebbe i sacramenti dell'eucarestia e della confessione. E soprattutto dispenserebbe dall'osservanza dei Comandamenti, potere che nessuno ha sulla terra. Ben difficilmente tutto questo potrebbe essere accettato dalla Chiesa. Anzitutto perché non è affatto vero che oggi è normale, per i divorziati risposati, fare la comunione: tutti sanno che la Sacra Scrittura (quindi la Chiesa) non lo ammette se non a patto di una convivenza non matrimoniale. I vescovi che in passato hanno contravvenuto lo hanno fatto con una grave disobbedienza (e sappiamo che il cardinal Bergoglio, a Buenos Aires, era fra questi). In secondo luogo non è possibile separare dottrina e prassi perché se si legittima una prassi opposta a quella cattolica nell'amministrare i sacramenti, automaticamente si afferma una dottrina eterodossa. È vero che strane teorie sui sacramenti già sono state esplicitamente formulate da Bergoglio, ma senza essere formalizzate in testi magisteriali. A novembre, parlando ai luterani di Roma, sostenne che sull'Eucarestia protestanti e cattolici sono divisi solo da diverse «interpretazioni», aggiungendo che però «la vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni» (declassando così il dogma cattolico a «opinione» parificata a quella protestante). Poi, l'11 febbraio scorso, parlando al clero romano, Bergoglio se ne uscì con una singolare idea del sacramento della confessione, secondo cui anche se uno non confessa certi peccati dovrebbe essere assolto perché «ha parlato con il gesto di venire» al confessionale. Ovviamente la dottrina della Chiesa dice l'opposto. Ma Bergoglio è andato oltre ed ha affermato che i confessori non devono esigere nemmeno il «proposito» di non peccare più (come prescrive la Chiesa), perché - secondo lui - anche qui basterebbe il gesto di andare al confessionale. Infine Bergoglio ha aggiunto un esempio che fa pensare proprio al caso del divorziato risposato: «E se una persona dice: “Io non posso promettere questo”, perché è in una situazione irreversibile, c'è un principio morale: ad impossibilia nemo tenetur, nessuno è tenuto a fare cose impossibili». Forse queste sono le «nuove» confessioni e assoluzioni, targate Bergoglio, per i divorziati risposati, ma come si può pensare che siano sacramenti validi? La teoria morale di Bergoglio per cui ad impossibilia nemo tenetur non ha nulla di cattolico ed è esplicitamente condannata come dal Concilio di Trento: «Se qualcuno dice che anche per l'uomo giusificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili a osservarsi, sia anàtema». Se quella anticipata da Melloni è davvero la via sottoscritta da Bergoglio, si tratta esattamente della proposta del cardinal Kasper nella sua relazione al Concistoro del febbraio 2014. Solo che a quel Concistoro la linea Kasper, che aveva l'entusiastico appoggio di Bergoglio, fu bocciata dal 75 per cento dei cardinali. E poi è stata di nuovo bocciata dai due Sinodi del 2014 e del 2015. Dunque il papa, in barba alla tanto osannata (a parole) sinodalità, avrebbe messo la firma su quella stessa teoria kasperiana che è stata bocciata tre volte dai cardinali e dai vescovi (oltre a risultare bocciata da tutto il magistero precedente e soprattutto dalla Sacra Scrittura). Se uscirà un documento siffatto si aprono dunque scenari drammatici nella Chiesa. Proprio in queste ore del resto, è uscito in Spagna un libro-intervista del cardinale Gerard Muller dove il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede afferma che non è possibile dare la comunione ai divorziati risposati e ciò è «dovuto al carattere di diritto divino della indissolubilità del matrimonio». Erroneamente si crede che il Papa possa cambiare la verità rivelata, ma egli non ne è padrone, bensì servo. Il venerabile Pio Brunone Lanteri, che pure era un grande difensore del papato, diceva apertamente: «Mi si dirà che il Santo Padre può tutto, quodcumque solveris, quodcumque ligaveris etc. è vero, ma non può niente contro la divina costituzione della Chiesa; è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l'opera di Dio». Un altro grande uomo di Chiesa, il cardinal Journet, affermava, ricordando la dottrina di sempre: «Quanto all'assioma “dove è il papa, lì è la Chiesa”, vale quando il papa si comporta come papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa». di Antonio Socci @Antonio Socci1

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