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Mogherini, lei è ovunque ma nessuno la vuole

Lucia Esposito
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Con le scuse più varie la candidatura di Federica Mogherini a ministro degli esteri Ue (Pesc) non quaglia. Alcuni Stati le danno addosso, altri non se la filano, nemmeno uno la desidera. Questo è anche il marchio dell'intera carriera dell'attuale titolare della Farnesina: nessuno l'ha mai voluta davvero. Se la sono trovata tra le scarpe e, una volta lì, difficile togliersela. Il Pesc è ruolo di facciata poiché ogni Stato in politica estera fa da sé. Succedendo alla sbiadita britannica, lady Ashton, la favorita di Matteo Renzi neanche sfigurerebbe. Sul suo gradimento, gli europei vanno in ordine sparso da brava armata Brancaleone. Tacciono indifferenti francesi e tedeschi. Mugugnano inglesi, nordici e frattaglie varie dicendo che è troppo giovane (41 anni) e inesperta di politica internazionale. Il che è una balla poiché bazzica l'ambiente da una quindicina d'anni. È stata pupilla di Piero Fassino che la volle responsabile delle Relazioni internazionali dei Ds, poltrona che lui stesso ricoprì nel Pci. Non è molto, ma non è il nulla. Ad avere Federica sulle scatole sono i Paesi ex comunisti, Polonia in testa. Per loro, è una filorussa nonostante lei cerchi di blandirli con continue dichiarazioni antiputiniane. Le rinfacciano una capatina a Mosca per parlare di gas nella prima decade di luglio. In realtà, andò anche Kiev solidarizzando con gli ucraini in lotta col potente vicino. Quindi, dare al viaggio a Mosca un'impronta russofila è una forzatura. A meno che le ex colonie sovietiche, ipersensibili a tutto ciò che sa di marxista, non rimproverino a Mogherini di avere militato nel Pci. Il che è effettivamente avvenuto quando era giovanetta. Oppure che abbiano saputo per altre vie come davvero la pensa sugli ex satelliti sovietici, Caucaso, Ucraina, Baltici. “Fascistelli” diceva grosso modo nell'agosto 2008, ai tempi della breve guerra tra Putin e la Georgia, come ben ricordano i suoi colleghi di Montecitorio. Atteggiamento che tradiva il suo cuore mosco centrico per un riflesso tipico della nomenclatura che fu del Pci. Dunque, le speranze di Federica al Pesc sono appese a un filo. Ma solido. Infatti, la faccenda è nelle mani di Renzi, una capatosta di dimensioni europee, che farà il matto pur spuntarla il 30 agosto, giorno in cui i capi di governo Ue si riuniranno per la decisione finale. Perché il toscano si arrabatti tanto per Federica, è un mistero. Mogherini non è mai stata renziana, salvo accodarsi in extremis. Lei si è sempre asserpolata ai segretari di turno per fare carriera. Con D'Alema fece strada nella Sinistra giovanile, Fassino la portò in Direzione nazionale, Veltroni la fece deputato, di Franceschini è tuttora la pupilla. Per amore di Pier Luigi Bersani - e con questo abbiamo fatto l'elenco di tutta la dirigenza dell'ultimo ventennio- fece una cosa antirenziana di cui si sarà certo pentita.  Dovete sapere che Federica ha un blog, cui ha dato il nome di Blogmog (mog sta per Mogherini, ovvio), al quale confida gioie e dolori come un'adolescente parla col suo diario. Diventata ministro scrisse: «Una grande responsabilità, un po' di emozione … Un immenso lavoro». In occasione di un'altra promozione, stesso gridolino: «Sarà un lavoro enorme e bello». Adesso che è ministro, è più istituzionale. Riferisce di telefonate con personalità del vasto mondo con le quali, racconta ai suoi follower, «ho condiviso la necessità che a Gaza e in Libia si fermino le violenze». Profonda e originale, come vedete. Infine, chiude ogni giorno la pagina del blog, lei mamma di due bambine, con la stralunata e militante affermazione: «Bella ciao, è la più bella ninna nanna del mondo». Torniamo alla gaffe antirenziana. Per farsi bella con Bersani, da cui dipendeva la sua rielezione alla Camera nel 2013, dette addosso a Matteo, reo di averlo sfidato alle primarie 2012, scrivendo su blogmog: «Renzi ha bisogno di studiare un bel po' di politica estera, non arriva alla sufficienza». Conoscendo Matteo, poteva finire male. Invece, salito a Palazzo Chigi l'ha voluta alla Farnesina. Giorgio Napolitano ha cercato di stopparla, preferendo un bis della radicale Emma Bonino, ministro uscente. Renzi ha però puntato i piedi. Per tre ragioni. La prima è che, da bigotto, non voleva nel suo governo l'abortista Bonino; la seconda è che Emma, con i suoi 66 anni, avrebbe conferito un che di decrepito al suo governo giovanilista, invece Mogherini rientrava nella media; la terza è che mentre Bonino è tutta piemontese, Federica ha il babbo toscano che per Matteo vale più di un punto di Pil. Così Federica calzò la feluca. Ora si dice che Renzi ne sia un po' deluso. Sperava che lei, diessina doc bene ammanicata con i socialisti Ue, gli spalancasse le porte del Pse, il che non sarebbe avvenuto. Inoltre, se gli europei la guardano in tralice, nemmeno gli americani le fanno ponti d'oro. Insomma, si aspettava di più. E anche noi, pensando ai marò. A Renzi va ricordato che il buongiorno si vede dal mattino. Romana, precocemente in politica, prima come rappresentante d'istituto del suo Liceo, il Lucrezio Caro, poi nella Fgci, Federica è stata gruppettara e no-global. Quindi, per completare la sua formazione, prese una cotta filo islamica. Sbocciò nella facoltà di Scienze Politiche lavorando a una tesi sul rapporto tra religione e politica nell'islam. La redasse a Aix en Provence durante un Erasmus - di cui si vanta manco fosse un master al Mit - e ottenne la lode. Per anni fece la spola con la Palestina, diventando una pia donna di Arafat. Foto dei due, sorridenti e felici, sono facilmente rintracciabili su Internet. Corollario di questa simpatia, un velato antisionismo. L'andar del tempo non ha corretto il suo strabismo. Nel 2009 - non un secolo fa -, durante un viaggio in Libano, ha scritto sul suo imperdibile blog: «Dal territorio libanese partono verso Israele dei razzi dimostrativi, artigianali, che non sono lanciati per colpire davvero ma solo per segnalare la (r) esistenza in vita». Insomma, un innocuo lancio di petardi di quei tesorini di hezbollah. Immaginatevi come siano stati ad ascoltarla gli israeliani quando un paio di settimane fa è andata a Gerusalemme e i salti di gioia se fosse nominata Lady Pesc per occuparsi di loro in nome dell'Europa. Federica divenne nota al grande pubblico per la cagnaia che fece per votare la sfiducia al governo Berlusconi, nonostante dovesse partorire nello stesso giorno la sua seconda figliolina. Era il famoso 14 dicembre 2010, il dì fatidico in cui Gianfranco Fini, manovrando dal suo seggio di presidente della Camera, preparò il ribaltone. Nell'imminenza, Mogherini rilasciò un mare di interviste raccontando minutamente le tecniche che usava per rallentare la nascita e potere così contribuire alla cacciata del Cav. Riuscì effettivamente a essere in Aula e dichiarò prima del voto: «Se il governo cade, chiamerò mia figlia Libera…dal berlusconismo». Berlusconi non cadde e la bimba fu chiamata Laura. Questa, all'ingrosso, la candidata ufficiale dell'Italia al governo europeo. Giancarlo Perna

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