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Matteo Renzi, il taglio delle province? 25mila poltrone in più

Andrea Tempestini
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L'aula della Camera, con 260 sì, 158 no e 7 astenuti, ha approvato in via definitiva il ddl delrio su città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni. Le proposte di modifica presentate dalle opposizioni son state tutte respinte. Il testo era dunque identico a quello licenziato dal Senato, il 26 marzo scorso, con un maxiemendamento, su cui il governo ha chiesto la fiducia. Adesso bisogna fare chiarezza sulla riforma. Ecco cosa prevede il nuovo testo.  I tagli alle Province di Matteo Renzi? Cancellano quelli - ben più significativi - che approvò il governo di Silvio Berlusconi. E il risultato è degno del miglior Tafazzi: venticinquemila poltrone in più. Il disegno di legge che porta la firma del già ministro renziano oggi promosso a "Gianni Letta" piddino Graziano Delrio prevede infatti dei tagli alle assemblee elettive per gli enti locali più piccoli. Delrio, però, che ai tempi del decreto faceva il sindaco e il presidente dell'Anci, non si è accorto che il taglio dei consiglieri comunali nei paesi con meno di diecimila abitanti che ha proposto qualche mese fa era già da anni una legge dello Stato. La sforbiciata, infatti, era stata promossa e approvata dell'esecutivo guidato dal leader di Forza Italia nel luglio del 2011 col decreto 138. Quel documento, che portava le firme tra gli altri del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, delle Riforme Roberto Calderoli e di quello degli Affari Regionali Raffaele Fitto, prevedeva che i membri dei consigli comunali scendessero da sedici a dieci sotto i diecimila abitanti e da dodici a sei sotto ai tremila. Considerato che in Italia su 8092, solo 500 Comuni superano i 15.000 abitanti, si trattava di una riduzione complessiva del personale eletto stimata nella relazione che accompagnava il decreto nel 40-50%. Quel documento introduceva anche regole sui compensi: i consiglieri non possono guadagnare più di un quinto dei sindaci, mentre gli elettinei Comuni con meno di mille abitanti e i consiglieri circoscrizionali devono lavorare gratuitamente. Il nuovo testo renziano approvato con l'opposizione di Forza Italia e Movimento 5 Stelle, rischia però di trasformarsi in un clamoroso autogol: i tagli già decisi e non ancora entrati in vigore vengono "superati", cioè cancellati. La nuova legge, che prevede la riforma delle Province e l'istituzione delle Città metropolitane, permette ai Comuni fino a 3mila abitanti di avere consigli di 10 membri e giunte di due assessori, cosa che prima era impossibile. Quando i residenti sono più di 3mila ma meno di 10mila, i consiglieri possono salire a quota 12 e gli assessori a quattro. Risultato? Venticinquemila posti in più, spacciati per tagli. Anche se almeno un'accortezza il governo ce l'ha avuta: per attuare questo ampliamento, i Comuni dovranno brivedere i costi di gettoni e indennità. L'aumento dei posti, infatti, non potrà comportare piu spese, dovrà essere finanziato con una diversa redistribuzione delle stesse risorse stanziate ora. di Paolo Emilio Russo

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