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Cadute, ossa rotte e svenimenti: la riforma del Senato porta jella

Ignazio Stagno
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Prima c'è Roberto Calderoli, smagrito dalla furia degli emendamenti, costole scricchiolanti, ammantato da gesso al braccio e da bende; un uomo che getta il tutore oltre l'ostacolo. Poi, eccoti lo zelantissimo Svp Karl Zeller il quale, in cambio degli esoneri dalla riforma per il suo Trentino, viene costretto ad incollarsi allo scranno da Anna Finocchiaro, per tutte le votazioni, finchè morte non sopraggiunga (anche se dopo sopraggiunge un mezzo coccolone, curato a botte d'antibiotici da un collega medico autonomista valdostano che passava di lì per caso...). E ancora: sopravanza Maurizio Sacconi con una commendevole benda all'occhio sinistro che in molti immaginano effetto o di congiuntivite o di un cartone ben assestato. Il Senato, insomma nuoce gravemente alla salute, sarà per questo che Matteo Renzi vuole sterilizzarlo. Con rara crudeltà il sito Dagospia ha sgranato come un rosario il bollettino medico degli ultimi giorni a Palazzo Madama. Ed è davvero un disastro, altro che filibustering. Se va avanti così, l'ostruzionismo si servirà dei corpi inerti dei senatori. «Se va avanti così dovremo fare una convenzione con qualche ospedale», osserva saggiamente, per l'appunto, lo stesso Calderoli agitando la manona fasciata. Il Senato della battaglia parlamentare comincia, con l'afa estiva ad impregnarsi di leggende nere. Pare infatti che, in mancanza di un antico cimitero indiano, l'intero palazzo in realtà sia stato costruito sui resti di un vetusto tempio massonico. E, avendo la massoneria come fine ultimo, il mantenimento dello status quo, forze ostili si muoverebbero dentro le austere stanze parlamentari, contro il rinnovamento. Palazzo Madama, come in un racconto di Lovecraft, è senziente. E porta sfiga, diciamolo. E non vuole la riforma di Renzi. Come non voleva le riforme di Bossi (qualunque volessero essere); il quale Bossi -fa notare Dago- «ai suoi tempi ci guadagnò un ictus»; e come le ventilava, le riforme, Berlusconi che ne uscì con la batosta coniugale e giudiziaria. Il Senato, inteso non solo come falange armata di parlamentari, non vuole le riforme. È certo. Altrimenti non si spiegherebbe la jella che, in queste trucide giornate di votazioni tallona, passo passo, i senatori. Una signora di Sel è scivolata in aula, esausta, ed ha battuto la testa. Un'altra è svenuta appena ha saputo che la discussione minacciava di protrarsi oltre i 7.500 emenadamenti, fino ad agosto inoltrato, oltre le ferie (e lei aveva già prenotato il volo). Eppoi, ecco lo stress a fior di pelle, i mancamenti, i cali di zucchero curati a Polase dei vari Fabbri, Bonfrisco, Fabbricini. In infermeria c'è più affollamento che dopo una partita di rugby. Il medico di Palazzo Madama, il dottor Marini, anch'egli in affanno ha chiuso l'ambulatorio e pregato i senatori di farsi curare altrove. Gli eletti napoletani scrollano cornetti «contr'a zinzulusa», contro lo spettro shakespeariano dell'avversa fortuna. Si respira un'aria innaturale, torpida, stagnante a Palazzo Madama, di questi tempi. Per ogni senatore Divina che strappa platealmente la costituzione mentre il ministro Boschi sfida il consesso e fa le boccacce, svettano almeno dieci Nitto Palma e venti Crimi assopiti sui banchi come avvinti da uno strano maleficio. Già di per sé il Senato tende a far sprofondare nell'oblio, o nell'irrilevenza, i suoi membri. Prendete Giovanni Spadolini che dalla presidenza del Senato perse quella della Repubblica e franò politicamente; o Franco Marini che subì lo stesso destino; o Marcello Pera, o Carlo Scognamiglio padri fondatori di un berlusconismo gentile, oggi quasi inabissatisi negli annali oltre che nella memoria degli elettori. Il Senato nuoce gravemente alla salute, soprattutto alla sua... di Francesco Specchia

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